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Antonio Socci feroce contro il Papa: "Ora basta, stai umiliando la Chiesa"

Matteo Legnani
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Pur prossimo agli ottant'anni, papa Bergoglio è instancabile, un vero ciclone. Ma il suo travolgente viaggio americano ha fatto sorgere in alcuni cattolici una domanda: quali obiettivi persegue? Per chi lavora?  È improbabile che lavori per il Dio dei cattolici, dal momento che lui stesso ha dichiarato a Scalfari: "Non esiste un Dio cattolico". Rimanda a un'idea generica di Dio che può trovar posto solo in una vaga religione universale postcristiana. Il fatto che venga acclamato ed esaltato da tutto l'establishment politico e mediatico che ha sempre avversato la Chiesa Cattolica inquieta molti credenti. Del resto chi finora ha cercato nei suoi discorsi americani il nome di Gesù Cristo l'ha trovato raramente e spesso in citazioni formali e marginali. Un ecclesiastico ironico sostiene che Bergoglio non lavora «a maggior gloria di Dio», ma «a maggior gloria di io». In effetti per ora il risultato del viaggio a Cuba e negli Stati Uniti è la sua personale glorificazione mondana nei salotti radical-chic. Mentre la Chiesa ne esce malridotta, umiliata e delegittimata. Sia la Chiesa dei perseguitati (a Cuba o nelle terre sottoposte all'islamismo), sia la battagliera Chiesa degli Stati Uniti. A Cuba Bergoglio ha preso in giro i dissidenti, ha ignorato il dramma dei diritti umani e ha ridicolizzato e screditato come settari i cattolici che resistono al regime. Addirittura omaggiando e legittimando i tiranni sanguinari. Poi è arrivata l'apoteosi obamiana. Lì ha bastonato i vescovi che - sulla linea di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - hanno fatto rinascere la Chiesa americana dopo il naufragio progressista. Bergoglio è arrivato a dire loro che non si deve fare «della Croce un vessillo», quando tutta la tradizione cattolica proclama l'esatto contrario («Vexilla regis prodeunt/ fulget Crucis mysterium»). Scrive Riccardo Cascioli sulla «Bussola quotidiana», un sito cattolico: «Da tempo c'è un duro scontro tra Casa Bianca e Chiesa cattolica americana sul tema della libertà religiosa, a causa del tentativo di Obama di imporre aborto e contraccezione senza rispettare l'obiezione di coscienza (vedi la riforma sanitaria). È uno scontro già arrivato nelle aule di tribunale ed è attualissimo». In sostanza Bergoglio ha intimato ai vescovi e ai cattolici americani di non rompere più le scatole a Obama e ai Democratici (che erano in rotta con la Chiesa pure per i matrimoni gay). Ha motivato così la resa: il compito del pastore non è la «predicazione di complesse dottrine, ma l'annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi».  Un argomento che fa sorridere se usato da chi, come Bergoglio, ha sostituito l'annuncio di Cristo con la continua invettiva sulla spazzatura differenziata e sul riscaldamento globale: nel discorso pronunciato all'arrivo negli Usa, dove ha ringraziato il laicista Obama per la sua «iniziativa per la riduzione dell'inquinamento dell'aria», il papa ha dedicato ben 12 righe del suo discorso, su 34 complessive, ai temi ecologici. Mentre Gesù Cristo non è stato nemmeno nominato. Oltretutto la tesi del riscaldamento per cause umane è stata smontata da tanti scienziati di valore: come può Bergoglio trasformarla in dogma di fede? All'inizio del suo pontificato egli definì «una pastorale ossessionata» quella dei suoi predecessori sulla difesa della vita (si ricordi che l'aborto, nel mondo, fa 50 milioni di vittime ogni anno, quanto tutta la II guerra mondiale che durò cinque anni).  Bergoglio ha messo in ombra la pastorale su questa tragedia che il magistero della Chiesa ha sempre ritenuto un suo dovere assoluto davanti a Dio. Egli ha portato la Chiesa in un pantano ideologico eco-catastrofista (e noglobal) che è molto vicino a una sorta di religione della madre terra, di sapore new age, quella «religione universale della gnosi», contrapposta alla tradizione giudaico-cristiana, di cui ha scritto Ettore Gotti Tedeschi. Che Bergoglio abbia abbandonato i «principi non negoziabili» lo ha capito bene il Senato americano che si è spellato le mani per applaudirlo e l'indomani ha «affossato un disegno di legge che tendeva a impedire gli aborti dopo le 20 settimane di vita, una legge che secondo LifeNews avrebbe contribuito a salvare diciottomila bambini ogni anno» (Marco Tosatti).  Anche nel discorso all'Onu, Bergoglio ha pontificato soprattutto sull'ecologia e si è tenuto alla larga dai temi cari alla Chiesa: «non ha neanche pronunciato la parola gender, né fatto alcun riferimento al fatto che proprio all'Onu e alla Casa Bianca dominano le forze che stanno imponendo una rivoluzione antropologica a tutto il mondo» (Cascioli). Bergoglio ha un'idea banale, marxisteggiante, del primato dell'economia. Ritiene che siano sempre gli interessi economici la causa di guerre e genocidi (oltreché dell'inquinamento). Dimentica che invece le più grandi guerre e i peggiori genocidi sono stati perpetrati per motivi ideologici (tuttora l'islamismo insanguina il mondo per la sua religione). Così parlando all'Onu Bergoglio ha lanciato i soliti anatemi contro l'egoismo e mai contro le ideologie di morte. Inoltre non ha mai denunciato la perdurante indifferenza e la colpevole inazione dell'Onu su tutte le stragi in corso di cristiani (e non solo). Del resto proprio in questi giorni il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha nominato Faisal bin Hassan Trad, l'ambasciatore saudita all'Onu, presidente del comitato di diplomatici incaricato a scegliere coloro che dovrebbero controllare il rispetto dei diritti umani. Le organizzazioni umanitarie, scandalizzate, hanno protestato perché proprio l'Arabia Saudita è uno dei regimi peggiori, un regime dove vieni arrestato se porti un segno cristiano al collo, un regime dove nei giorni scorsi è stato condannato alla crocifissione un ragazzo sciita di 17 anni, Ali Mohammed Al-Nimr, per aver partecipato a una manifestazione di protesta. Questa è l'Onu che Bergoglio ha omaggiato. Dal suo viaggio escono malconci la Chiesa, i cristiani perseguitati e i diritti umani, ma il personaggio Bergoglio è diventato una star hollywoodiana, all'apice della «mondanità spirituale». Con alcuni episodi grotteschi. Per esempio la plateale ostentazione di umiltà e indigenza fatta da Bergoglio recandosi alla Casa Bianca con una Fiat 500 che - secondo un estasiato commentatore del Corriere della sera - «ha sedotto gli americani». Sicuramente estasiato era Marchionne (amicone di Obama) per la colossale pubblicità gratuita che Bergoglio gli ha fatto. Un altro episodio grottesco è il regalo fatto al papa da Raul Castro, l'opera dell'artista Alexis Leyva Machado: un grande crocifisso realizzato con i remi delle imbarcazioni dei migranti del Mediterraneo. A parte il fatto che sulle nostre coste gli emigranti non arrivano con barche a remi. Ma la paraculata di Castro è clamorosa in quanto ammicca a Bergoglio per le sue invettive «di sinistra» sull'immigrazione, mentre il tiranno cubano finge di dimenticare (e con lui il suo ospite) che «la stessa Cuba» come scrive Andrea Zambrano «ha prodotto un numero esorbitante di esuli, dalla rivoluzione ad oggi, sbarcati a Miami proprio dal mare. Esuli che, come dimostra l'allontanamento della dissidente Berta Soler dalla Nunziatura dove il Papa soggiornava in questi giorni a La Avana, sono ancora senza giustizia». Non solo. Tutti dimenticano che la tirannia dei fratelli Castro - come tutti i regimi comunisti - non voleva che la gente scappasse dal loro lager, sputtanando il loro crudele regime. Per questo, come scrive il «Libro nero del comunismo», i dittatori cubani inviavano «degli elicotteri a bombardare con sacchi di sabbia le zattere: sempre nell'estate del 1994 circa 7000 persone morirono in mare e si calcola che, in totale, un terzo dei balseros abbia perso la vita durante la fuga. In trent'anni sarebbero stati quasi 100.000 i cubani che hanno tentato la via del mare». E Bergoglio ha omaggiato i fratelli Castro. di Antonio Socci

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