Le tre donne boss italiane nella classifica delle più pericolose del mondo
Non hanno bisogno di quote rosa per fare carriera le donne della malavita organizzata italiana. Anzi secondo i vertici della Squadra Mobile di Napoli, come riporta il Giornale, le donne della camorra: "Hanno un ruolo chiave. Da gregarie si sono trasformate in protagoniste, spesso perfino più violente e ciniche degli uomini". Le mogli, sorelle o mamme dei boss rimasti in galera non si ritrovano a reggere pro tempore, spesso sanno di dover comandare a lungo e mettono becco anche nei business più delicati: "Per ogni donna attiva all'interno dell'organizzazione criminale all'inizio degli anni '90 - ha detto l'ex procuratore di Torre Annunzia, Raffaele Marino - oggi ce ne sono almeno dieci". Il caso - Dell'esistenza delle donne boss raramente si viene a conoscenza per notizie di arresto, ben più frequentemente per casi di agguati come quello accaduto a Nunzia D'Amico, crivellata di colpi al quartiere Ponticelli di Napoli pochi giorni fa mentre era per strada con il figlio in carrozzina. I killer hanno risparmiato il piccolo, nipotino dei boss Salvatore, Giuseppe e Antonio del clan fraulella (fragoline). Ma per la mamma, boss reggente, nessuna pietà: dieci colpi di mitra e un ultimo di grazia alla testa, un'esecuzione come per i capi di un certo peso. La triade - La crescita del potere delle donne nelle organizzazioni criminali italiane ha spinto gli esperti internazionali a inserire anche tre esponenti di mafia, carmorra e 'ndrangheta nella classifica delle donne boss più pericolose al mondo. Nella lista c'è Anna Maria Licciardi, ex capo dell'omonimo clan camorristico di Secondigliano, in provincia di Napoli. Raffaelle D'Altiero "'a miciona", moglie del boss Nicola Pianese, morto nel 2006, quando la donna ne ha preso il potere e ha guidato il clan con Fortuna Iovinella, detta "'a masculona".