Vaticano, hanno rubato anche le offerte delle messe
Saltano fuori i primi nomi eccellenti, nello scandalo sulle finanze vaticane. Il primo è quello del cardinale Tarcisio Bertone, ex segretario di Stato della Santa Sede. A chiamarlo in causa è il libro di Emiliano Fittipaldi, Avarizia, che domani sarà nelle librerie, edito da Feltrinelli. Le rivelazioni partono dall'ospedale Bambin Gesù, che controlla un'omonima fondazione «nata nel 2008 per raccogliere denaro per i piccoli pazienti. Gli investigatori della società di revisione PricewaterhouseCoopers (PwC) nella bozza del rapporto consegnata al Vaticano il 21 marzo 2014 dedicano alla onlus italiana con sede in Vaticano alcuni passaggi della loro due diligence. Nel focus si evidenzia l'affitto di un elicottero, nel febbraio 2012, per la bellezza di 23mila e 800 euro. Pagati sull'unghia dalla fondazione Bambin Gesù “a una società di charter per trasportare monsignor Bertone dal Vaticano alla Basilicata per alcune attività di marketing svolte per conto dell'ospedale”». Briciole, se paragonate al «pagamento dei lavori della nuova casa di Bertone a palazzo San Carlo». In quel caso, la fondazione, definita da PwC come «un veicolo per la raccolta di fondi volti a sostenere l'assistenza, la ricerca e le attività umanitarie del Bambin Gesù» avrebbe saldato le fatture dei lavori per un totale di circa 200mila euro, pagati all'azienda Castelli Real Estate dell'imprenditore Gianantonio Bandera. Al giornalista che gli chiede chiarimenti sull'attico, lo stesso mons. Bertone manda una lettera: «Gentile dottor Fittipaldi, alle sue domande rispondo che il sottoscritto ha versato al medesimo governatorato la somma richiesta come mio contributo ai lavori di ristrutturazione. Non ho nulla a che vedere con altre vicende». La questione è più complessa per il manager Giuseppe Profiti, fino al 2015 presidente sia del Bambin Gesù che del consiglio direttivo dell'omonima fondazione, il quale «conferma invece la spesa autorizzata a favore dell'appartamento di Bertone, già finito nella bufera per la sua ampia metratura. La parcella, spiega Profiti, sarebbe stata giustificata dal fatto che la casa del cardinale sarebbe stata poi messa a disposizione della fondazione stessa per finalità “istituzionali”: “È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa di Bertone. Cercando di ottenere in cambio la disponibilità di potere mettere a disposizione l'appartamento”». Non poteva mancare lo Ior, l'Istituto Opere di Religione, sinonimo da anni dell'opacità dei conti e finito nel mirino di Moneyval, il Comitato di esperti, istituito dal Consiglio d'Europa, per la valutazione delle misure antiriciclaggio e il finanziamento del terrorismo. La cosiddetta banca vaticana «gestisce anche quattro fondi di carità», scrive Fittipaldi. Ma non si sa bene quale sia la loro destinazione poiché «incrociando le tabelle i preti non sembrano essersi svenati per i meschini e i disgraziati: nel 2013 e nel 2014 il fondo a disposizione della Commissione cardinalizia guidata dal cardinal Santos Abril y Castello non ha scucito un soldo bucato, nonostante un saldo in attivo di 425mila euro». C'è poi «il Fondo per opere missionarie», che dispone di «139mila euro, somma costituita soprattutto da donazioni interne, ma negli ultimi due anni ha “elargito per opere missionarie” solo 17mila euro». Sottoutilizzato «anche il fondo nato per finanziare le “Sante Messe”, seppur più cospicuo (ha un saldo arrivato a 2,7 milioni di euro)», che «ha preferito tenere i denari in saccoccia: nel 2014 sono stati girati ai sacerdoti di tutto il mondo la minuscola cifra di 35mila euro». Stesso discorso per l'obolo di San Pietro, una somma da 378mila euro, «escluso dal bilancio consolidato» e «circa il suo utilizzo si è mantenuto finora un assoluto riserbo, nel rispetto delle superiori indicazioni». Urge insomma un controllo delle casse. C'è chi sperpera e chi è troppo parsimonioso. Peccato che siano state contagiate dal clima anche le istituzioni create per fare chiarezza. «A gennaio del 2015 - si legge in Avarizia - qualcuno ha inviato al Papa tutte le voci di spesa della neonata segreteria per l'Economia, che Bergoglio aveva affidato qualche mese prima a George Pell, il cardinale chiamato dall'Australia per raddrizzare usi e abitudini nefaste della curia che ha spadroneggiato durante l'era di Benedetto XVI». In quell'elenco ci sarebbero, secondo l'autore, «centinaia di migliaia di euro per voli in business class, vestiti su misura, mobili di pregio, perfino per un sottolavello da 4.600 euro». Insomma «un elenco di spese pazze che ha raggiunto per appena sei mesi di attività del nuovo dicastero un totale di oltre mezzo milione di euro». Il capitolo più ricco, dal punto di vista finanziario, riguarda gli immobili. Ieri, la Reuters ha svelato anche un versante giudiziario della vicenda, che coinvolge Giampietro Nattino, proprietario della banca Finnat Euroamerica Spa, il quale avrebbe utilizzato l'Apsa, dipartimento della Santa Sede che controlla immobili e investimenti vaticani, per riciclaggio di denaro e manipolazione dei mercati. Ad affermarlo è un dossier di 33 pagine, redatto dagli investigatori vaticani e poi passato alle autorità italiane e svizzere perché potessero a loro volta svolgere accertamenti. Dal rapporto emerge come la divisione che gestisce anche le finanze e i fondi vaticani sia stata utilizzata da Nattino per affari che esulano dalle attività vaticane, con possibile complicità degli impiegati dell'Apsa, che avrebbero violato le norme interne. In totale, oltre 2 milioni di euro sarebbero stati spostati in Svizzera giorni prima che il Vaticano imponesse una stretta con la nuova normativa contro il riciclaggio. Dal 22 maggio 2000 al 29 marzo 2011, a Nattino, che è stato nel board di molte aziende italiane e consultore della prefettura affari economici del Vaticano, faceva capo il Portfolio 339 dell'Apsa, che consisteva in quattro conti separati. Origini e finalità di destinazione dei fondi sarebbero «dubbie» secondo il rapporto. Del resto, osserva Fittipaldi, «l'Apsa è proprietaria a Roma di migliaia di appartamenti (in tutto il Vaticano nella Capitale ne conta circa 5.000, ma non sanno nemmeno loro quanti ne posseggono in totale: in un altro studio della prefettura degli Affari economici si evidenzia tra le criticità dell'Apsa l'assenza di bilanci che mostrino il patrimonio immobiliare nella sua completezza) che valgono cifre importanti». Comunque, «nel 2013 l'Apsa ha segnato in bilancio tre voci distinte: le proprietà in Inghilterra per 25,6 milioni, quelle in Svizzera per 27,7, mentre case, negozi, palazzi e appartamenti in Italia e in Francia per appena 342 milioni». In realtà è «una cifra sottostimata» che, a giudizio della Cosea, va moltiplicata «per ben sei volte». Infine, la classica «cresta» sul carburante. Gli analisti di Ernst&Young hanno rilevato che «le pompe di benzina sono due, e il prezzo per i consumatori è 20 per cento più basso rispetto a quello italiano», mentre «ci sono 550 tessere, vale a dire soggetti che hanno la possibilità di fare benzina in Vaticano, «che hanno superato il limite annuale di acquisti, pari a 1.800 litri». Ed inoltre, «hanno fatto la fila alla pompa ben 27mila persone, molte più di quelle autorizzate». di Andrea Morigi