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Quando monsignor Ravasi,candidato Papa di Repubblica,lodava il prete pro-gay

Approvate dal cardinale le tesi controverse del libro di don Pezzini. L'autore poi è stato condannato per violenza sessuale

Matteo Legnani
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In questa lunga vigilia di conclave tra le mura vaticane gira di tutto. E distinguere il vero dal falso non sempre è facile. Di sicuro vera e imbarazzante è la storia che riguarda due sacerdoti, già noti alle cronache per motivi molto diversi. Uno è il cardinale Gianfranco Ravasi, classe 1942, raffinato biblista con fama di progressista, organizzatore del Cortile dei Gentili di Assisi e personaggio da tenere d'occhio proprio in vista del conclave. Repubblica, che fa il tifo per lui, l'ha già definito il candidato «con una marcia in più». L'altro è don Domenico Pezzini, prete lodigiano di 75 anni. «Autore di testi critici raffinati e di suggestivi percorsi saggistici in cui s'intrecciano spiritualità e arte, contemplazione e musica», secondo una definizione data di lui dallo stesso Ravasi. Pezzini era noto anche per un altro motivo: dagli anni Ottanta e per un lungo periodo ha animato “La fonte”, un gruppo di gay credenti che si interrogavano sul rapporto tra omosessualità e cristianesimo. Forte di tale esperienza ha scritto alcuni libri. Uno dei quali, “Le mani del vasaio”, uscito nel non lontano 2004, è al centro di questa storia. Ma c'è dell'altro, che nove anni fa non si poteva sapere. Pezzini è stato condannato a dieci anni nel 2010 per violenza sessuale nei confronti di un ragazzino del Bangladesh, sul quale il sacerdote, secondo una sentenza confermata in appello lo scorso anno, avrebbe compiuto abusi tra il 2006 e il 2009, anche quando la vittima aveva meno di 14 anni. Ed è a questo squallido episodio, più che a tutto il resto, che Pezzini deve ora la sua fama. Leggi l'articolo integrale di Fausto Carioti su  Libero in edicola mercoledì 20 gennaio 

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