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Polese e Cenci, voce agli italiani detenuti all'estero

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Non solo i due marò: sono 3.103 i nostri connazionali incarcerati in tutto il mondo, di cui oltre 2.000 in attesa di processo e spesso vittime di errori giudiziari. I due giornalisti: "Potrebbe succedere a ognuno di noi, fuori dai confini"

Giulio Bucchi
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Giornalisti e scrittori, Fabio Polese e Federico Cenci ci parlano degli italiani dimenticati, quei nostri connazionali detenuti all'estero, talvolta da anni e che spesso non fanno notizia sui network del Belpaese. A questo tema tanto attuale quanto spesso passato sotto silenzio, i due giornalisti hanno dedicato un saggio, Le voci del silenzio (Eclettica editore), col fine di rendere pubbliche vicende che "potrebbero succedere ad ognuno di noi quando ci troviamo fuori dai confini nazionali".  Quanti gli italiani tutt'oggi detenuti all'estero? "Secondo l'Annuario 2013 della Farnesina sono 3.103 gli italiani incarcerati in tutto il mondo. Di questi, più di 2.000 sono in attesa di processo e, quindi, potenzialmente innocenti". Quali sono le loro condizioni di detenzione? "La vita carceraria non è agevole in nessuna parte del mondo, Italia compresa...". Le Voci del silenzio: perché dedicare loro un saggio? "Nessuno ne parlava, abbiamo dato loro voce. Storie come quelle che raccontiamo nel libro potrebbero succedere ad ognuno di noi quando ci troviamo fuori dai confini nazionali". Ne avete contattato qualcuno, magari attraverso le famiglie? "Carlo Parlanti, italiano detenuto nel carcere di Avenal, in California. Ora è tornato in Italia, dopo aver scontato l'80% della pena. Tomaso Bruno, un giovane ancora rinchiuso in India e Fernando Nardini, vittima di un errore giudiziario in Thailandia". Salvo i marò, perché gli altri non fanno notizia? "I marò sono pubblici ufficiali, se n'è dovuto parlare per forza. Le altre sono storie scomode anche perché parlare di loro significa dover ammettere che la diplomazia italiana (anche secondo testimonianze che abbiamo raccolto) in alcuni casi è proprio assente. Inoltre in Italia manca un concetto di solidarietà nazionale, cosa che esiste in altri paesi come gli Usa. Insomma la mobilitazione mediatica per la Knox ne è un esempio". di Marco Petrelli

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