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Vaticano, le suore sfruttate e trattate come schiave dai cardinali: l'orrore che scuote la chiesa

Eliana Giusto
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Suore al servizio di uomini di Chiesa, sfruttate, umiliate, senza un orario preciso, senza una retribuzione o con una ricompensa aleatoria. Suore che vivono una profonda frustrazione o che provano una forte tensione interiore che le costringe ad assumere ansiolitici. Terribile la denuncia che Marie-Lucile Kubacki fa dalle pagine del mensile dell'Osservatore Romano "Donne chiesa mondo". Leggi anche: Vaticano, Papa Francesco e Bisignani: "Nuovo scandalo sessuale in arrivo, ora trema il Pontefice" Nell'articolo si riporta la testimonianza di suor Marie (il nome è di fantasia come tutti gli altri nomi delle religiose), giunta a Roma dall'Africa una ventina di anni fa. Da allora accoglie religiose provenienti da tutto il mondo e molte di loro servono nelle abitazioni di vescovi o cardinali, altre lavorano in cucina in strutture di Chiesa o svolgono compiti di catechesi e d'insegnamento. "Alcune di loro, impiegate al servizio di uomini di Chiesa, si alzano all'alba - racconta - per preparare la colazione e vanno a dormire una volta che la cena è stata servita, la casa riordinata, la biancheria lavata e stirata... In questo tipo di servizio le suore non hanno un orario preciso e regolamentato, come i laici, e la loro retribuzione è aleatoria, spesso molto modesta". Ma a rattristare di più suor Marie è che quelle suore raramente sono invitate a sedere alla tavola che servono. Allora chiede: "Un ecclesiastico pensa di farsi servire un pasto dalla sua suora e poi di lasciarla mangiare sola in cucina una volta che è stato servito? È normale per un consacrato essere servito in questo modo da un'altra consacrata? E sapendo che le persone consacrate destinate ai lavori domestici sono quasi sempre donne, religiose? La nostra consacrazione non è uguale alla loro?". Tutto ciò, prosegue la religiosa, suscita in alcune di loro una ribellione interiore molto forte. Provano una profonda frustrazione ma hanno paura di parlare perché dietro a tutto ci possono essere storie molto complesse. Nel caso di suore straniere venute dall'Africa, dall'Asia e dall'America latina, ci sono a volte una madre malata le cui cure sono state pagate dalla congregazione della figlia religiosa, un fratello maggiore che ha potuto compiere i suoi studi in Europa grazie alla superiora... Se una di queste religiose torna nel proprio paese, la sua famiglia non capisce. Queste suore quindi si sentono in debito, legate, e allora tacciono. Tra l'altro spesso provengono da famiglie molto povere dove i genitori stessi erano domestici. Alcune dicono di essere felici, non vedono il problema, ma provano comunque una forte tensione interiore. In alcuni casi, riferisce suor Marie, sono costrette ad assumere ansiolitici per sopportare questa situazione di frustrazione. Un'altra religiosa, suor Paule, con incarichi importanti nella Chiesa, racconta di sorelle che avevano servito per trent'anni in un'istituzione di Chiesa e che, quando si erano ammalate, nessun prete di quelli che servivano andava a trovarle. Dall'oggi al domani, continua la religiosa, venivano mandate via senza una parola, "come se fossimo intercambiabili", aggiunge. " Ho conosciuto delle suore in possesso di una dottorato in teologia che dall'oggi all'indomani sono state mandate a cucinare o a lavare i piatti, missione priva di qualsiasi nesso con la loro formazione intellettuale e senza una vera spiegazione. Ho conosciuto una suora che aveva insegnato per molti anni a Roma e da un giorno all'altro, a cinquant'anni, si è sentita dire che da quel momento in poi la sua missione era di aprire e chiudere la chiesa della parrocchia, senza altra spiegazione", aggiunge suor Paule. E nell'articolo-denuncia anche la testimonianza di suor Cecile, insegnante: «Al momento lavoro in un centro senza contratto, contrariamente alle mie consorelle laiche. Dieci anni fa, nel quadro di una mia collaborazione con i media, mi è stato chiesto se volevo davvero essere pagata. Una mia consorella anima i canti nella parrocchia accanto e dà conferenze di quaresima senza ricevere un centesimo... Mentre quando un prete viene a dire la messa da noi, ci chiede 15 euro. A volte la gente critica le religiose, il loro volto chiuso, il loro carattere... Ma dietro tutto ciò ci sono molte ferite". Suor Cecile ritiene anche che le religiose debbano prendere la parola: «Da parte mia, quando vengo invitata a fare una conferenza, non esito più a dire che desidero essere pagata e qual è il compenso che mi aspetto. Ma, è chiaro, mi adeguo alle disponibilità di quanti me lo chiedono. Le mie sorelle e io viviamo molto poveramente e non miriamo alla ricchezza, ma solo a vivere semplicemente in condizioni decorose e giuste. È una questione di sopravvivenza per le nostre comunità".

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