Generale Mario Mori, ecco dove e come si nascondono le spie in Italia
L'ondata di espulsioni di diplomatici e spie russe da quasi tutti i Paesi europei non ha sorpreso il generale Mario Mori. Già capo del Ros e direttore del Sisde dal 2001 al 2006, Mori però non è del tutto d'accordo con la reazione degli alleati Nato dopo l'attentato all'ex spia russa a Salinsbury. Più che cacciarla una spia "nemica", lui preferirebbe: "usarla, portarla al mio servizio, altrimenti - dice al Quotidiano nazionale - la terrei sotto controllo, occasionalmente 'intossicandola' o tenendomi pronto a farlo, con notizie false". Il metodo descritto dal generale Mori è stato prassi diffusa per l'intelligence italiana: "Se individuavamo un agente di un Paese avverso, cercavamo di non bruciarlo... Tra di noi circolava una battuta. La differenza tra un ufficiale di polizia giudiziaria e uno dei servizi? Il primo sogna di arrestare un capo terrorista, il secondo di farlo diventare una sua fonte". Leggi anche: Luttwak, l'avvertimento a Putin: "Perché ora è finito il tempo della pazienza" E di fonti potenziali per l'Italia e i Paesi Nato ce ne sono state parecchie, soprattutto nelle ambasciate che pullulavano di spie: "Diciamo che certe ambasciate ne hanno di più. Comunque il persone di certe ambasciate, quando arriva, viene sottoposto a screening dai servizi. I novellini sono meno sospetti, degli altri si cerca di ricostruire la storia professionale, si sentono i servizi amici per sapere se sono già in qualche loro database, e spesso la caccia è fruttuosa". Mori però allarga il raggio d'azione, le spie non si nasconderebbero solo nella ambasciate, ma in tantissimi settori della vita pubblica: "Uomini d'affari, sportivi, artisti, giornalisti. Tutti, se possono, usano i giornalisti perché hanno accesso a fonti privilegiate e luoghi di interesse e pur facendo domande non destano sospetti. Ovviamente è molto più facile dove la stampa non è libera".