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Scandalo in ateneo: "Vestiti da donna, alcol e spade. I riti iniziatici dei bocconiani»

Maria Pezzi
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Chi ha sempre creduto che le confraternite studentesche siano una prerogativa dei college americani, non ha fatto i conti con la possibilità che abbiano messo radici anche nel nostro paese. Esiste, che ci si creda o meno, un lato torbido e oscuro persino nella Bocconi di Milano, ed emerge con forza dalla denuncia di uno studente anonimo, disposto a svelare le controversie della comunità bocconiana. Chi racconta la sua esperienza con un' antica società studentesca dell' università privata è un ragazzo che pretende l' anonimato per timore di subire ripercussioni da parte dei membri dell' associazione (da essi finanziata), che opera indipendentemente dall' Ateneo e si definisce apartitica e areligiosa. E che avrebbe, a detta degli studenti, un' influenza considerevole nell' ambiente accademico e professionale. Secondo la ricostruzione anonima, che rivela aspetti inquietanti della confraternita, l' approccio iniziale era stato finanche positivo: «In un incontro con varie associazioni, ho notato la presenza di questa società segreta e ho parlato coi rappresentanti, che mi hanno dato indicazioni vaghe sulle attività svolte. Poi, vinto dalla curiosità, ho svolto il test sul sito». STORDITO DALL' ERBA - Ritenendo idoneo il candidato, la società lo ha ricontattato, convocandolo in una sede privata nel centro di Milano. «Eravamo in una casa, c' erano tanti ragazzi. Sembrava un festino di universitari. Mi hanno spinto a bere definendo l' alcool un "lubrificante sociale". Poi hanno insistito perché fumassi erba. E io l' ho fatto». Il giovane, reso vulnerabile dall' alcool, è stato poi interrogato. «Mi hanno fatto domande personali alle quali ho risposto senza insospettirmi». Trascorsa una settimana, c' è stato un secondo incontro in un luogo pubblico: «Mi hanno detto di avermi selezionato e che avrei dovuto svolgere tre prove per entrarvi». Lo studente, per quanto inizialmente riluttante, si è prestato alle prime prove iniziatiche, che prevedevano, tra le altre cose, di travestirsi da donna e percorrere le vie della città, documentando il tutto con un apposito filmato. «Ma ho interpretato il rituale come una dimostrazione di umiltà, pur provando soggezione». Il ragazzo aggiunge di essere stato chiamato per la terza e ultima prova, non prima di aver firmato un contratto fasullo in cui si impegnava a non proferire parola su quanto sarebbe accaduto. In tarda serata gli è stato dato appuntamento in un luogo non distante dall' abitazione del primo incontro. Raggiunto da un figuro mascherato, è stato bendato e condotto in una casa verosimilmente diversa dalla prima. «Mentre salivo le scale, ho sentito una musica macabra, credo fosse la colonna sonora di Eyes Wide Shut (film di Kubrick del '99)». La canzone a cui si fa riferimento è Masked Ball di Jocelyn Pook, che accompagna la celebre scena dell' orgia e il cui testo si rifarebbe a un canto bizantino recitato da preti rumeni, con richiami satanici. Il racconto si arricchisce di particolari raccapriccianti: «Mi hanno chiesto di svestirmi e mi hanno condotto in una stanza. Mi hanno sfilato la benda e nel buio pesto ho distinto dodici candele disposte in cerchio attorno alle quali c' erano altrettanti ragazzi, che indossavano maschere e mantelli costellati di simboli. Mi è parso di sentire che tra loro si chiamassero con appellativi blasfemi. Uno di loro mi puntava una spada agitandola di tanto in tanto». ESPORRE I GENITALI - «Al centro della stanza c' era una tavola imbandita di calici. I presenti hanno iniziato a insultarmi, deridermi. Bestemmiavano definendomi un "indegno". E in quanto indegno, dopo avermi chiesto di versare a ognuno di loro del vino nei calici, mi hanno obbligato a berlo da un altro recipiente sporco. Avevo paura». Ma la tortura psicologica è andata oltre lo scherno: «Uno di loro mi ha palpato il sedere nel tentativo di ballare un lento con me. Quindi mi hanno costretto a estrarre i genitali davanti a tutti. Poi mi è stato chiesto di simulare l' orgasmo di una donna. Mi hanno lasciato andare che era notte fonda, lontano da casa, ubriaco. A fatica ho superato il trauma». La Bocconi, nella persona di Stefano Liebman, professore di diritto del lavoro e membro della commissione disciplinare, ha precisato che «l' università da anni si è dotata dell' Honor code al fine di trasmettere e rafforzare valori di lealtà e correttezza». E ha aggiunto che la commissione disciplinare «è chiamata ad analizzare, su segnalazione o denuncia, casi di comportamenti scorretti, che l' università disapprova, e a proporre eventuali sanzioni». di Alberto Neglia

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