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Bologna, l'arcivescovo sferza la città: "Ferita da solitudine e individualismo, piena di privilegi che rendono sciocchi"

Davide Locano
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Bologna città "con le sue tante ferite di solitudine e di individualismo, di paura e di disillusione, piena di privilegi che rendono sciocchi e spreconi e di tanta povertà e amarezza che non possiamo mai accettare" . Ecco in poche, sferzanti parole il ritratto, a tinte piuttosto fosche, della città e di come si vive oggi tra le  sue strade e nei suoi quartieri, così come emerge dall'omelia pronunciata oggi da monsignor Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, durante la celebrazione della messa in occasione della festa della Beata Vergine di San Luca,  con l'immagine venerata presente nella cattedrale.  Il richiamo del vescovo, pur nel constatare quanta devozione ancora esiste per la Madonna e nel guardare al suo esempio di amore e di ascolto, è stato rivolto ai bolognesi che sembrano vivere "lontani" gli uni dagli altri, "per paura o pigrizia". Allargando la portata delle parole di monsignor Zuppi,  in questa città che apparentemente è tutta gioia di vivere, di divertirsi, di organizzare, si rischia di  diventare semplicemente "sciocchi", in una falsa apertura verso gli altri.   Il mito dell'accogliente, dotta e godereccia Bologna, dei suoi studenti dalla vita beata e spensierata, viene smontato e si trasforma nell'esempio triste di un vivere in solitudine, tra sprechi, privilegi intoccabili e povertà nascoste. La vera "beatitudine" da augurarsi, ha spiegato l'arcivescovo, è quella di tornare alla forza originaria del Vangelo e alla sua luce "fare, mettere in pratica, credendo che si realizzerà anche se noi pensiamo sia inutile o ci sentiamo disorientati perché cercheremmo altre risposte e sicurezze più evidenti". Del resto, il teologo e cardinale Giacomo Bifffi, di cui monsignor Zuppi è un successore, dopo il cardinale Carlo Caffarra, aveva già definito Bologna nel lontano 1985 "sazia e disperata".  di Caterina Maniaci

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