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Ponte Morandi, in Italia rischiano di crollare anche le case: la mappa del terrore

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Gino Coala
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Non solo i ponti. Anche le case in cui viviamo e in cui dovremmo sentirci - ed essere - protetti, sono a rischio. Basta scorrere i dati del censimento dell' Istat per renderci conto che i nostri edifici sono gravemente malati. E tutt' altro che sicuri: due milioni di case in tutto il Paese sono vecchie e in cattivo stato. Non solo. In Italia c' è quasi mezzo milione di immobili in dissesto, parzialmente o totalmente inutilizzabili. Si tratta di 452.410 edifici classificati, secondo i parametri catastali, come degradati. Senza contare, poi, quelli costruiti non tenendo conto dei protocolli anti-sisma e qui la percentuale sale a dismisura. Leggi anche: Salvini, la piddina esce allo scoperto: "Ho visto la scena del selfie, vi dico che..." Numeri che appaiono enormi anche se messi a confronto con quelli degli edifici sani, che in totale sono 62.861.919: la percentuale è solo dello 0,72%. Ma in tema di sicurezza, si sa, la statistica ha valore relativo. Infatti se queste case crollassero tutte insieme, sarebbe un' ecatombe. Per rimettere le cose a posto occorrerebbe un "piano Marshall" con investimenti di almeno cento miliardi a breve-medio termine. «L' ottanta per cento degli immobili italiani», conferma Gian Paolo Cimellaro, docente del Politecnico di Torino, «necessita di un adeguamento sismico e nelle situazioni più complesse, nonostante gli incentivi fiscali, il costo è così elevato che è meglio optare per la demolizione. Di certo il nuovo fabbricato, costruito seguendo normative e tecniche all' avanguardia, sarà un edificio efficiente e sicuro». I numeri sono chiari: 2.051.808 immobili residenziali, il 16,8% del totale, sono in mediocre o pessimo stato di conservazione. Una percentuale che sale al 21,1% per gli edifici costruiti prima del 1981, mentre la quota di riduce al 4,7% per quelli nati tra il 1981 e il 2011. In pratica, poco meno di un quinto delle case italiane è vecchio e in cattive condizioni. MERIDIONE CRITICO I dati Istat mostrano che al Sud ci sono più case pericolanti e con evidenti criticità. Il record negativo si registra in Calabria con il 26,8% del totale degli edifici residenziali in mediocre-pessimo stato di conservazione. Seguono la Sicilia, con una quota del 26,2%, e la Basilicata con il 22,3%. Le cose vanno decisamente meglio in Umbria e in Trentino Aldo Adige, regioni in cui la quota di case in cattive condizioni è la più bassa d' Italia, ma la percentuale è comunque alta: 10,7%. Segue la Toscana, dove la quota sale all' 11,5%. A livello provinciale il primato negativo spetta a Vibo Valentia dove è più diffuso il cattivo stato delle case (31,4% del totale), seguita da Reggio Calabria (31,3%) e Catanzaro (25,8%). Le provincie più virtuose, o meno disastrate che dir si voglia, sono Prato (8,2%), Bolzano (8,5) e Siena (8,5%). Nel Lazio, gli edifici a rischio sono il 15,9% del totale. In particolare, a Roma è in cattivo stato il 14,7% delle strutture. In totale in Italia si contano 12.187.698 edifici residenziali - l' 84,3% del totale - con 31.208.161 abitazioni. Gli stabili comprendono case unifamiliari, ville, villette, case a schiera, palazzine in complessi residenziali e condomini o palazzine con negozi o sedi di attività economiche in genere a piano strada. I tre quarti (74,1%) degli edifici residenziali sono stati costruiti prima del 1981 ed hanno quindi 35 anni ed oltre di vita, mentre le realizzazioni più recenti sono il rimanente 25,9%. «Viviamo in un Paese in cui, anche le case belle da vedere», spiega Marco Savoia, docente di Ingegneria Civile all' Università di Bologna, «che appaiono solide, in realtà spesso non lo sono. Al momento dell' acquisto molti si soffermano sull' aspetto dei pavimenti, piastrelle e altri elementi secondari, quando invece sarebbe opportuno concentrarsi sulla sicurezza dell' edificio». BOOM ECONOMICO Abbattere e ricostruire, investire nell' edilizia, è una scelta che potrebbe offrire ricadute positive per l' economia italiana: «Infatti per le nuove costruzioni», aggiunge il professor Cimellaro, «le leggi italiane sono tra le più avanzate a livello mondiale. Sugli edifici esistenti invece, nonostante i bonus fiscali previsti, ad esempio per gli adeguamenti anti sismici, la situazione in certi casi può essere onerosa è insostenibile per molti privati. Con il risultato che, alla fine, molti decidono di lasciar perdere», almeno fino a quando non si verifica la tragedia. Al di là delle preoccupazioni sul piano della sicurezza, gli immobili catastalmente rovinati, potrebbero rappresentare anche una possibile fonte di sviluppo dell' economia, per il settore dell' edilizia e per tutto l' indotto. «Bisogna insistere anche sulla valorizzazione di alcuni beni sul fronte artistico e culturale», spiega Giovanna Ferrara di Unimpresa, «con tutto quello che se ne può trarre di buono anche per il turismo». E per valorizzare, ovviamente, è necessario investire. di Marco Bardesono

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