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Roberto Garro, il mistero dell'alpino morto in uno strano incidente: scoperta-choc, si muove il governo

Gino Coala
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Sono passati vent'anni da quando l'alpino di leva Roberto Garro ha perso la vita con altri due commilitoni in un incidente stradale a Gemona del Friuli. Una morte ancora oggi avvolta di mistero, per molti aspetti simile al caso Cucchi nei carabinieri, e sulla quale i genitori Anna Cremona e Angelo Garro non hanno mai smesso di cercare la verità. Leggi anche: Ilaria Cucchi: "MInacce a me e alla mia famiglia. Ho paura" Sulla vicenda sin da subito si è creato un densissimo muro di omertà all'interno degli ambienti militari. I quattro poco meno che ventenni il 9 giugno 1998 erano in libera uscita, l'auto sulla quale viaggiavano per rientrare in caserma avrebbe sbandato, andando a schiantarsi contro un camion che sbandava. Dopo la morte di Roberto, scrive il Giorno, cominciano le stranezze. i genitori da Milanoi si precipitano in Friuli, ma non vedono il corpo del ragazzo. Dicono loro che il riconoscimento è stato fatto dai commilitoni per risparmiare alle famiglie lo strazio. Il funerale viene fatto in forma riservatissima nel cortile della caserma. E il corpo di Roberto viene poi portato a Milano a bordo di un camion merci, di quelli usati per il trasporto della futta. Sull'incidente nessuno ha mai indagato, neanche la magistratura. Eppure la polizia stradale aveva messo a verbale un'anomalia: non ci sarebbe stato solo uno schianto tra l'auto e il camion, ma una vera e propria esplosione. Nessuno ha mai rivelato cosa trasportasse quel camion e né il motivo per cui l'autista bosniaco sia stato libero di tornare in patria senza essere interrogato, né alcuno ha fatto una perizia sul camion, spedito in Austria. La riesumazione del corpo ottenuta dai genitori nel 2000 si è rivelata in parte inutile. Il medico legale non ha mai messo a verbale che ci fossero tracce di esplosione. Il perito di parte, amico di famiglia, ha rifiutato l'incarico dopo qualche giorno dicendo alla famiglia Garro: "Ma lasciate perdere...". Era il dottor Bresciani, che poi avrebbe fatto carriera, diventando anche assessore alla Sanità. E la carriera, dicono i genitori di Roberto Garro, l'hanno fatta un po' tutto quelli coinvolti nella vicenda. Anna e Angelo però sono riusciti almeno a vedere il corpo. Per una vita sono stati infermieri al Policlinico, al primo sguardo si sono subito accorti di parecchie cose che non tornavano: il corpo di Roberto non era dilaniato, come avevano garantito gli ufficiali della caserma, i segni che portava addosso non erano quelli di un incidente, ma proprio di uno scoppio. E poi mancavano le cornee: "Ce ne siamo accorti subito - ha detto il padre - non possiamo sbagliarci". La prossima settimana incontreranno la ministra della Difesa Trenta, alla quale chiederanno quel che ripetono ormai da cinque ministri diversi a questa parte: una commissione d'inchiesta sulla morte di Roberto. Una verità che dopo vent'anni sembra ancora lontanissima.

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