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"Ottocento", a Forlì in mostra "l'arte dell'Italia tra Hayez e Segantini"

Davide Locano
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L'Ottocento italiano che non ti aspetti. Qualcosa di studiato - male, il più delle volte -  a scuola e sintetizzato nelle opere di pochi grandi ben conosciuti, come Hayez, i macchiaioli e Fattori, Boldini, e poi con un bel salto più in la', fino a Boccioni e Balla. Ma qui siamo già nel Novecento,  e sembra quasi un'altra storia. Questo Ottocento, invece, riserva grandi sorprese e tratteggia un ritratto, anzi un autoritratto inedito del nostro Belpaese ai suoi primi passi come Italia unita, un'autobiografia dell'Italia da giovane, appena nata, appunto, molto dolorante e lacera, piena di contraddizioni e di guai,  ma anche ricca di entusiasmo e di speranze. Un'opera, fra tutte, potrebbe esserne una metafora efficace e commovente, ossia  il quadro di Telemaco Signorini dal titolo "L'alzaia": poveri cristi a piedi scalzi,  che cercano di tirare con le funi una barca,  i muscoli tesi e doloranti nellomsforzo,  come se sollevassero un peso immane. Forse proprio quello dell'Italia in gestazione. Tutto questo, e molto, molto altro, emerge nella grande mostra che apre oggi i battenti a Forlì,  presso la sede monumentale dei Musei di San Domenico, che quest'anno arriva alla quindicesima grande esposizione, preannunciano un ennesimo successo. La mostra ha come titolo "Ottocento. L'arte dell'Italia tra Hayez e Segantini" e sarà visitabile fino al 16 giugno. I curatori sono Fernando Mazzocca e Francesco Leone,  il coordinatore è Gianfranco Brunelli, preside il comitato scientifico Antonio Paolucci. Si tratta di un evento sostenuto dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì,  con altri soggetti privati partner dell'iniziativa: IMA, Luxury Living Group.  Si tratta di una mostra-evento anche per le sue dimensioni: 94 artisti scelti,  150 opere esposte, tra le quali alcuje mai esposte prima e altre visibili oggi dopo molto tempo. Mezzo secolo (dal 1861 agli inizi della Grande Guerra) di arte italiana finalmente indagata, con metodo rigoroso e scientifico,  ma anche con un sentimento di amoroso legame con una tradizione che fa parte del DNA del popolo italiano, che dunque  deve essere incoraggiato a conoscerlo meglio e apprezzarlo di più.  Ci sono le grandi scene dal sapore precinematografico - un esempio per tutti, "La distruzione del tempio di Gerusalemme" di Hayez, in cui i corpi gettati dalle mura del tempio hanno una potenza da vera sequenza di un film d'azione - e ci sono gli sguardi gettati nell'intimità delle stanze domestiche, come fanno Signorini,  Lega, Morbelli, Borrani fra gli altri. C'e' in scena il sentimento nazionalpopolare dei combattenti delle guerre d'indipendenza, del Risorgimento, le grandi composizioni di masse in azione dell'Industria,  accanto al duro atto d'accusa contro la guerra di Fattori: "Lo staffato" rassicura un soldato morto, caduto da cavallo, che l'animale impazzito di paura, trascina via nella polvere, verso un orizzonte livido. Ci sono la miseria, la solitudine,  la desolazione di contadini, moderni,  anziani, orfani, mendicanti, accanto agli splendori della borghesia in rapida ascesa, che vuole essere ritratta quando va in vacanza, va a teatro, si ritrova in famiglia, si prepara per le feste e i balli. Le donne vogliono apparire consapevolmente seducenti, soddisfatte di indossare abiti  sontuosi e gioielli preziosi, vogliono diventare protagoniste a tutti gli effetti.  Il paesaggio italiano, che ha ha fatto innamorare migliaia di appassionati nei secoli, viene riscoperto e reinterpretato. Misticamente,  come fa Segantini; poeticamente, come avviene nel bellissimo dipinto di Vincenzo Cabianca "Sul mare", in cui la luce che si spegne sulle onde magicamente investe le figure malinconiche sulla spiaggia e le trasfigura. Mentre possiamo ammirare Pellizza da Volpedo, non più impegnato a costruire una mitologia  sociale come appare nel quadro manifesto "Il Quarto Stato",  ma assorto nella contemplazione di un "Tramonto", un paesaggio intimo e intriso della luce declinante del sole, a mano mano che l'ombra avvolge alberi e terra, la luce già scomposta in una tecnica divisionista.   Preannunciando il Novecento e la sua storia tormentata. di Caterina Maniaci

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