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Sea Watch 3 e Carola Rackete da fermare: l'Italia rischia una sostituzione islamica

Davide Locano
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Mentre sul destino giudiziario del capitano della Sea Watch, Carola Rackete, si consuma l'ennesimo scontro fra l'autorità politica e la sfera della giurisdizione - sullo sfondo di stucchevoli polemiche prodotte da una sinistra convinta che la soluzione del problema consista nell' accoglienza indiscriminata di massa - vale la pena di fare uno sforzo per andare oltre la cronaca delle ultime ore, cercando di leggere il fenomeno della "grande migrazione" secondo canoni meno improvvisati e più ancorati alla storia delle idee della civiltà democratico-liberale. Posto che gli esseri umani viaggiano da un luogo all'altro dacché esistono, è giunto il momento - a fronte di uno spostamento di persone verso l' Europa dai numeri ormai epocali - di mettere a fuoco l' intera questione attraverso i suoi termini essenziali e drammaticamente in contrapposizione: non vi è dubbio che la strada dell' emigrazione rientri nell' ambito delle scelte che ciascun individuo può esercitare in qualunque istante della propria vita - abbandonando il Paese di origine - ma un tale diritto non può mai tramutarsi nella pretesa di entrare arbitrariamente nel territorio di uno Stato sovrano che, in quanto tale, ha l' obbligo di difendere i propri confini. Leggi anche: Sea Watch 3, Fratoianni usa suo figlio contro Salvini LE PAROLE DI KANT In tal senso, parole inequivocabili e definitive furono scritte da Immanuel Kant in "Per la pace perpetua". Il filosofo di Königsberg, dopo avere avvertito che spostarsi in un Paese diverso dal proprio può influire sul mantenimento della pace, ricorda che "ospitalità significa che lo straniero ha il diritto di non essere trattato in modo ostile... ma il diritto di abitare dove si vuole sulla Terra incontra un limite nella volontà dell' ospitante e nella sua benevolenza". Concetti che continuano ad essere ignorati dall' establishment politico-culturale progressista, mentre ciò che la demografa francese Michèle Tribalat chiama il "processo di sostituzione dell' Europa" marcia a tappe veloci per mano di milioni d' immigrati, perlopiù di religione islamica, i quali già ora costituiscono la componente maggioritaria della popolazione in diversi quartieri delle città europee. Si tratta di un percorso che potrebbe sfociare in tempi brevi - grazie alla cecità delle nostre classi dirigenti nel comprendere il fenomeno nella sua carica dirompente - in una preminenza egemonica del mondo islamico sul Vecchio continente. FUTURO A RISCHIO A quel punto, il futuro delle nostre istituzioni liberaldemocratiche - imperniate sulla libertà e i diritti della persona - potrebbe essere a rischio. Se si riflettesse di più su tali conseguenze, invece di continuare a fare demagogia contro le scelte operate dal ministro dell' Interno per realizzare un' accoglienza razionale e controllata, riusciremmo ad avere sull' immigrazione di massa una prospettiva di lungo periodo e sicuramente meno divisiva. A tal proposito, suggeriremmo alle "anime candide" della sinistra la lettura di un brano tratto dalla "Società aperta e i suoi nemici" di Karl Popper, là dove il filosofo austriaco afferma che "la società aperta deve essere chiusa nei confronti degli intolleranti e di tutti coloro che credono di essere possessori di certezze assolute sia sul terreno politico che religioso. Il prezzo della libertà è dato dall' eterna vigilanza". Sottoporre i flussi migratori a rigidi controlli, come l' Italia sta cercando di fare, significa essere consapevoli che la posta in gioco in questa fase storica è davvero molto alta e che riguarda il destino della nostra civiltà. Altro che rischio di un nuovo fascismo. di Francesco Carella

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