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I giudici levano lo stipendio al pm che li ha screditati

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Caterina Spinelli
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Alla fine, l' uomo s' è scontrato col suo tragico destino: Luca Palamara è stato sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. L' ex pm dal potere cardinalizio, l' ex capo dell' Associazione Nazionale Magistrati, l' uomo che Francesco Cossiga chiamava "faccia di tonno" («Io ho fatto politica da 50 anni e vuole che non riconosca uno dalla faccia?»), indagato per corruzione a Perugia è sprofondato nell' onta massima della sua professione. Dopo che sezione Disciplinare del Csm aveva rigettato le sue istanze di ricusazione nei confronti dei togati Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita, dopo aver affermato di non «aver svenduto» il suo ruolo né di aver gettato discredito sulla categoria, Palamara s' è preso la bella palata in faccia dal sistema del qual per anni fu colonna portante; e ora annuncia - senza troppa convinzione, a dire il vero - di voler continuare «a difendermi nel processo». RICORSO Impugnerà l' atto, certo, davanti alla Sezioni unite della Cassazione, e farà tutto quel che la legge gli consente di fare. Ma è l' espressione è quella che conta. E l' espressione di Palamara, sentita la decisione del Csm, è la stessa attonita, vacua alla Jonh Belushi in Animal House di quando, appunto, Cossiga, in tv, lo prese a pesciate in faccia, non ritenendolo degno della minima interlocuzione. Il caso è noto. L' accusa si basa sui rapporti del pm romano con l' imprenditore Fabrizio Centofanti, dal quale avrebbe ricevuto regali e viaggi e in cambio avrebbe messo le sue funzioni a disposizione dell' uomo di affari. Palamara, davanti alla disciplinare, aveva replicato rivendicando quell' amicizia, spiegando che anche altri colleghi magistrati hanno frequentato l' imprenditore, ma non facendo nomi come aveva fatto invece davanti ai pm di Perugia, citando il presidente della Corte dei Conti Raffaele Scutieri, l' ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e ufficiali della Guardia di finanza e dei carabinieri. L' accusa di aver voluto pilotare le nomine delle Procure è assai grave. Ma gli avvocati di Palamara, si erano detti convinti che «non ci sono i presupposti per la sospensione», e infatti s' è visto. L' organo di autogoverno della magistratura ha ora accolto la richiesta del procuratore generale Riccardo Fuzio, a sua volta indagato per rivelazione di segreto proprio allo stesso collega Palamara, al quale avrebbe riferito dell' apertura di un' indagine a suo carico. Fuzio, dopo un colloquio col Presidente Mattarella si avvia mestamente alla pensione anticipata; Palamara, comunque gli vada, ad una fine ingloriosa. E, al di là del necessario garantismo che noi osserviamo nei confronti di chiunque - perfino dei magistrati -, tre sono qui gli elementi da annotare.Il primo è che i moniti di Mattarella che si auspicava venisse fatta pulizia negli angoli oscuri delle toghe, hanno finalmente avuto solido seguito. Il secondo è che, contemporaneamente, il ministro Bonafede intervistato da Bruno Vespa ha annunciato la riforma per il dimezzamento per il processo penale e l' assunzione massiccia di 8000 amministrativi mancanti; il che può essere davvero il prologo per la leggendaria riforma della giustizia tout court. E il terzo elemento è l' atteggiamento del Palamara, il quale, invece di riflettere sull' etica che dovrebbe essere la radice intima di ogni magistrato, si è difeso con un cavillo chiedendo l' inutilizzabilità delle intercettazioni che coinvolgono lui e i due parlamentari Dem Luca Lotti e Cosimo Ferri «per violazione dell' immunità parlamentare sancita dall' art.68 della Costituzione». L' ARROGANZA La qual cosa, anche all' orecchio del profano, suona come un' arrogante presa di posizione: non importa ciò che ho fatto, ma la legge non vi consente di utilizzarlo. La fotografia plastica del mondo giudiziario scollato dal mondo reale. Tutto quello che il Presidente della Repubblica ha detto di voler combattere riproduzione riservata. di Francesco Specchia

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