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Italiani popolo di scortesi. Cosa non sapete: la maleducazione riduce fantasia e produttività

Giulio Bucchi
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Qualcuno sostiene che siamo un popolo di cafoni, con qualche rara eccezione. Se fosse solo una questione di etichetta e galateo potremmo chiuderla lì e dire banalmente: pazienza, ce ne faremo un ragione. Invece siamo sommersi dalla più becera maleducazione, circondati da persone grossolane che non conoscono il rispetto né la correttezza, che si esprimono con turpiloquio e brutte maniere, arroganza e prepotenza. E questo non è un danno per chi risulta volgare e rozzo ma anche per chi lo subisce. L' ultimo studio, promosso da Mars Italia, al quale hanno collaborato 50 tra psicologi, antropologi, sociologi ed esperti di bon ton, lo conferma: sette italiani su 10 sono scortesi. Per il 68% i gesti di gentilezza quotidiani sono ormai scomparsi e il 39% confessa di aver subito gesti villani fino ad una ventina di volte in una sola settimana: quasi 3 episodi al giorno. Ci siamo persi per strada ciò che il filosofo e imperatore Marco Aurelio definiva "la gioia dell' umanità", che, al contrario dell' insolenza, migliora l' umore e addolcisce la vita. Al Nord come al Sud, lo scenario è pressoché lo stesso: il 39% di chi vive nel Settentrione ammette di respirare più inciviltà a causa dei ritmi di vita troppo stressanti; opinione condivisa anche dai romani in giù (28%). Situazioni  - La mancanza di affabilità è presente in ogni comportamento quotidiano per oltre la metà degli intervistati. Le situazioni più "calde": al volante o sui mezzi pubblici (42%), in ufficio (37%) specialmente per la mancanza di disponibilità dei colleghi, ma anche tra le mura domestiche (12%). Scomparsi secondo una ricerca dell' associazione Gentietude, nel 50% delle famiglie italiane, i vocaboli «per favore», «grazie, «scusa», «prego», «permesso». Tra le cause principali di questa tendenza spiccano: la vita frenetica, lo stress quotidiano e l' abuso dei social (25%). Intanto la scortesia si propaga come un virus. Come ha scritto la ricercatrice Christine Porath sul New York Times, rispetto agli anni '90, oggi le probabilità di osservare comportamenti sgarbati nei posti di lavoro sono raddoppiate. A giudicare dalla ricerca di Porath il 40% sostiene di essere sgarbato perché non ha tempo per essere gentile. Un concetto bizzarro: non si fa prima ad essere accigliati che a sorridere. In ufficio l' essere irrispettosi non è quasi mai un modo per risparmiare tempo. Anzi, quando il clima si fa teso tra colleghi o un capo tratta male i dipendenti, il loro livello produttivo e di creatività cala notevolmente. Quindi alla fine dei conti la scortesia rallenta pure il lavoro. E per non lasciarsi trascinare in uno sterile conflitto, consigliano gli esperti, ignorate la persona che trascende, ne avete diritto. Probabilmente la deriva antropologia che ha spento il garbo e l' amabilità risiede in un accumulo di frustrazione, rabbia mista a indignazione, invidia sociale mescolata al risentimento. Ma come siamo arrivati a questo? Cause - «Le cause sono molteplici», spiega Cristina Milani, psicologa, presidente del World Kindness Movement e autrice del libro "La forza nascosta della gentilezza". «Il perido che viviamo non aiuta. Oggi è difficile essere gentili, perché tutto va controcorrente. Tuttavia, ci sono però persone che ci stanno provando. Sono coloro che hanno deciso di vivere in modo equo, rispettoso, con una certa etica anche per l' ambiente: sono i gentili moderni». Che in questa epoca frettolosa hanno deciso di rallentare. In altro modo, ma il risultato è lo stesso, gli esperti dello studio di Mars consigliano la "cura della gentilezza". Basta osservare delle semplici regole che toccano la sfera del benessere psicofisico e dell' ambiente circostante. «Fare un atto di gentilezza aumenta il livello di serotonina, che è l' ormone responsabile del buon umore, e dei peptidi. Questi ultimi aiutano ad eliminare le emozioni negative, facendo affrontare meglio la quotidianità e risolvere in modo positivo i conflitti», conclude la psicologa. Come scrive Piero Ferrucci nel suo libro "La forza della gentilezza: «Oggi la gentilezza non è un lusso ma una necessità». Goethe avrebbe detto: è una catena che tiene uniti gli uomini. Un ingrediene essenziale per tenere insieme le persone, a qualsiasi livello, per non sprecare il patrimonio di rapporti umani che possediamo, per vivere meglio con se stessi e con gli altri. di Daniela Mastromattei

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