Yara, il gip non convalida il fermo di Bossetti. Ma l'operaio resta in carcere

di Giulio Bucchidomenica 22 giugno 2014
Yara, il gip non convalida il fermo di Bossetti. Ma l'operaio resta in carcere
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Il gip di Bergamo, Ezia Maccora, non ha convalidato il fermo chiesto dal pm Letizia Ruggeri per Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore 44enne accusato di avere ucciso Yara Gambirasio ma "al momento a Bossetti è applicata la misura della custodia cautelare in carcere". Lo ha confermato l’avvocato di Bossetti, Silvia Gazzetti, raggiunta telefonicamente dall'agenzia LaPresse. Il gip avrebbe chiesto altre 48 ore per ulteriori accertamenti ed elementi. Una decisione comunque a sorpresa, che conferma in parte i dubbi su una vicenda ancora dai contorni poco definiti. Bossetti resterà in carcere, si legge nell'ordinanza, per la "gravità intrinseca delle accuse" e "dell'efferata violenza". Da papà Gambirasio al Dna: i dubbi - Bossetti, in pratica, resta il grande accusato ma le prove finora fornite dai pm non avrebbero convinto il gip Maccora. Bossetti nell'ultimo interrogatorio ha ribadito la propria "estraneità" all'omicidio della 13enne di Brembate Sopra, uccisa la notte del 26 novembre 2010. E ancora qualche tassello del mosaico accusatorio non si inserisce. Il primo riguarda Fulvio Gambirasio, il padre di Yara, che ha affermato di non conoscere e di non aver mai visto il presunto assassino. Eppure, rivela Panorama, i due lavoravano nello stesso cantiere nei giorni in cui la ragazzina è scomparsa all'uscita della palestra. E poi c'è la questione del Dna. A La Stampa Carlo Federico Grosso, professore di Diritto Penale all'università di Torino nonché storico difensore di Annamaria Franzoni nel processo Cogne, ha messo tutti in guardia: "La prova del Dna è una della più inattaccabili. Certo, però, se è su questo punto che vacilla l'accusa, la difesa può avere gioco facile nel tentare di smontare l'intero impianto accusatorio". Sull'origine del Dna, infatti, ci sono delle incertezze. Non si è certi se la traccia trovata sulla vittima sia saliva, sangue o altro. Grosso spiega che questo "è certamente un problema per l'impianto accusatorio che può diventare anche molto grave. La Cassazione - ribadisce - ha fissato con molta nettezza il principio che la prova deve essere data oltre ogni ragionevole dubbio. Se non è più così, se la difesa sarà in grado di avanzare una ricostruzione alternativa dei fatti, questo potrebbe mettere in discussione l'intera costruzione". Anche il consulente tecnico della famiglia Gambirasio, Giorgio Portera, ex ufficiale dei Ris e genetista forense, spiega come le tracce di dna siano molto piccole, e non possano essere analizzate all'infinito. Ultimo elemento di incertezza, il cellulare di Bossetti che la sera del 26 novembre venne agganciato un'ora prima della scomparsa di Yara a una cella che copre la zona sud di Brembate Sopra, dove la ragazzina fu rapita. Il punto è che la cella si estende fino alla zona di Piana di Mapello, otto chilometri più a sud, proprio dove si trova la casa di Bossetti. Fino al giorno successivo, fino al 27 febbraio 2010, il cellulare dell'uomo non si è mai agganciato a una cella diversa, e non si è mai agganciato a quella di Chignolo d'Isola dove il corpo di Yara venne prima abbandonato e poi ritrovato.