Coronavirus, la testimonianza del "paziente uno" della Versilia: "Ho dovuto mentire, solo così mi sono salvato"
"Ho dovuto mentire", così si è salvato Roberto Perruccio, il "paziente uno" di Torre del Lago (Versilia). "Per uscire dall'incubo e farmi ascoltare e farmi fare il tampone che mi ha salvato la vita ho dovuto mentire" racconta al Messaggero. "Avevo la febbre a 38, ma al 118 mi risposero di star sereno. Non ero andato in Cina, non era il caso di fare il tampone", eppure il lunedì successivo l'uomo ha avuto vertigini, gambe molli, emicrania e perdita di gusto e la febbre a 39,5. Ecco, "e a quel punto ho mentito: al 118 dichiaro che l’azienda per la quale lavoro ha dei magazzini a Vo’ Euganeo (dove c’è stata la prima vittima italiana per Covid). Così finalmente scattò la procedura per il tampone e mi viene detto di richiamare solo in caso di grave crisi respiratoria".
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Un dramma durato fino al 27 di marzo, quando il nuovo test sul tampone ha dato l'esito che tanto aspettava: negativo. "Finalmente , con otto chili di meno, torno a vivere. Mi sento fortunato - ha concluso -, ma rimane l’amaro in bocca per aver dovuto mentire per attirare l’attenzione di un sistema distratto e impreparato".