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Coronavirus, lo Stato specula pure sulle mascherine: Iva, aliquota massima al 22%

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Agli italiani è ben nota la resistenza dello Stato a toccare l'Iva, quando si tratta di abbassarla. Il più comico degli esempi è quello degli assorbenti igienici femminili, la cui imposta sul valore aggiunto, sciaguratamente al 22%, è stata al centro di una lunga querelle: alla fine ci è stato spacciato che nella legge di bilancio era stato stabilito che dal primo gennaio sarebbe stata abbassata al 5%, salvo poi precisare che la norma avrebbe riguardato solo gli assorbenti compostabili o lavabili. L'emergenza virus non ha ammorbidito le sanguisughe, per cui la questione è cominciata daccapo con le mascherine, imparentate con gli assorbenti per non essere sostituibili con altro, essere usa e getta e quindi di larghissimo uso, e necessarie per la salute. Ragion per cui le mascherine, alle 20 di ieri sera, non risultavano ancora beni di prima necessità, come invece il canone tv, tassato al 4%, e nemmeno di "seconda" necessità, come i tartufi (freschi o refrigerati) la cui Iva è al 5%, né così importanti da godere dell'aliquota ridotta al 10% come lo sono le carrube, gli spettacoli teatrali, i francobolli da collezione e la cera d'api.

Le mascherine invece (come anche i ventilatori polmonari) sono equiparate al mascara, al calcio balilla e alle motociclette Harley-Davidson. non detraibili Ieri mattina in qualche grande farmacia di Milano vicino al centro era possibile trovarne qualcuna (di mascherina), c'era addirittura una scelta fra quelle chirurgiche, le Ffp2 e le Ffp3. Sullo scontrino è scritta chiaramente l'Iva al 22% e, detraibili sul 730, spiega il farmacista, sono unicamente le meno protettive, quelle chirurgiche, le altre no. Eppure la Commissione europea già quattro giorni fa aveva approvato le richieste degli Stati membri e del Regno Unito di revocare temporaneamente (per sei mesi) i dazi doganali e l'Iva sull'importazione di ventilatori, mascherine, test e altri dispositivi medici da Paesi terzi, cioè tutti, almeno fino a che le mascherine lombarde, liberate da un sospiratissimo ok dell'Iss, non saranno disponibili al pubblico (secondo Regione Lombardia intorno a metà settimana).

Che cosa succede? Sembra che il braccino corto sull'Iva abbia colpito ancora: infatti già da tempo il ministro della Salute Roberto Speranza, confortato dal viceministro dell'Economia Antonio Misiani il 3 aprile, ha annunciato lo "studio" di una misura dal valore di circa 400 milioni per introdurre l'Iva al 5%. Ma finora tutto quel che si è visto è una miseria nella bozza del decreto imprese sul tavolo del Consiglio dei ministri, dove compare un credito di imposta per le imprese che acquistano mascherine e strumenti di lavoro come guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, ma anche per gli acquisti di barriere e pannelli da installare a protezione dei dipendenti, detergenti mani e disinfettanti. E anche qui la miseria è ancora più misera di quel che sembra: il bonus infatti sarebbe del 50% fino all'importo massimo di 20mila euro sulle spese sostenute fino al 31 dicembre 2020. Ovvero: intanto le aziende dovranno pagare (e chi ne ha bisogno per più di 20mila euro si attacca) e poi forse l'anno prossimo verrà restituito qualcosa. Inoltre, questa misura è a favore delle aziende, ma niente è previsto per i privati cittadini, che continueranno a pagare il massimo possibile senza poter neppure detrarre qualcosa. Alcune fonti parlamentari hanno ammesso il braccino della Commissione Bilancio - cui è affidato lo "studio" - perché ridurre l'Iva sarebbe un intervento che costa soldi al gettito, e per questo ci sarebbero titubanze sull'opportunità ed eventualmente il modo di inserirlo nel decreto di aprile. dispositivi medici? Altro giallo sta nel fatto che, a forza di tirarli per i capelli, i membri del governo interpellati hanno nominato le mascherine, ma nulla è stato affermato riguardo i ventilatori: Pier Paolo Baretta, sottosegretario all'Economia, ha confermato ieri che «il governo sta lavorando sulla riduzione dell'Iva sulle mascherine», ma né lui, né Speranza e Misiani hanno mai accennato ai ventilatori.

A rilevare il qui pro quo legislativo sulle aliquote agevolate è un articolo pubblicato su Eutekne, quotidiano dei commercialisti, dove viene notato che i ventilatori potrebbero essere configurati, secondo quanto dice il DLgs 46/97, come «dispositivi medici», cioè strumenti «destinato a essere impiegato sull'uomo ai fini di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia attenuazione di una malattia»; salvo poi definire «dispositivi medici» con aliquota al 10% solo medicinali e sostanze farmaceutiche. In effetti se l'Iva rimanesse al 22% il gettito ne godrebbe di sicuro, se è vero che l'uso delle mascherine «potrebbe diventare una necessità quotidiana almeno nei prossimi mesi», come ha dichiarato il Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, e l'Iss «sta valutando il modo in cui dovranno essere utilizzate le mascherine nella fase 2 del contenimento». Con il risultato di aver pagato per una vita la Sanità e appena ci serve dover pagare di nuovo, come se comprassimo un'auto di lusso, per il lusso di salvarci la vita.

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