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"Offese a Napolitano", Tonino

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nel mirino della procura

Silvia Tironi
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Solo due giorni fa Antonio Di Pietro si era scagliato contro Giorgio Napolitano definendo il suo atteggiamento nei confronti dello Scudo fiscale (ossia la decisione di firmare la legge) “un atto di viltà e di abdicazione”. Ora la procura di Roma sta valutando se nei riguardi del leader dell'Italia dei Valori possa essere ipotizzato il reato di offese nei riguardi del capo dello Stato. "Rivendico il diritto-dovere di critica alle azioni lesive della Costituzione", ha replicato l'ex pm. Il procuratore della Repubblica, Giovanni Ferrara, prima di stabilire se debba essere aperto un fascicolo di indagine, sta valutando il contenuto di articoli di stampa pubblicati in questi giorni su vari quotidiani, nonché l'interrogazione che sui fatti è stata presentata dal presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga al ministro dell'Interno Roberto Maroni e al ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Cossiga chiede al ministro dell'Interno “quali sanzioni disciplinari intenda adottare nei confronti degli ufficiali di Polizia giudiziaria della Polizia che non hanno fatto rapporto alla Procura di Roma per il reato di cui all'art. 278 del Codice Penale (offese all'onore ed al prestigio del Capo dello Stato); o se per caso il ministro sappia che per tali Ufficiali di Polizia giudiziaria dare del vile o del pavido al Capo dello Stato sia una notazione con aspetti non morali ma esclusivamente da giudizio scientifico in materia psicologica”. Immediata la replica del numero uno dell'Italia dei Valori: “Aspetto e rispetto serenamente le valutazioni che la procura vorrà dare”, ha detto Antonio Di Pietro. “Non mi avvarrò di alcuna immunità parlamentare e rivendico il mio diritto-dovere, come cittadino e come rappresentante eletto del popolo, di criticare quei provvedimenti e quelle azioni che ritengo lesive della Costituzione e del diritto da chiunque essi provengano, capo dello Stato compreso". Quindi va all'attacco: “A sentirsi offeso dovrebbe esser quel povero cittadino che si è sentito redarguire dal presidente della Repubblica perché si era permesso di chiedergli di non firmare un provvedimento che egli, come me e tanti altri, ritiene ingiusto e iniquo in quanto favorisce criminali e danneggia gli onesti". Di Pietro non ha usato mezzi termini ribadendo che "in quella occasione le giustificazioni addotte dal Capo dello Stato appaiono a me e non solo a me del tutto irrituali". "Forse i costituzionalisti e i tanti commentatori che si sono esercitati in questi giorni a criminalizzare le mie critiche - ha concluso Di Pietro - dovrebbero interrogarsi se possano considerarsi opportune o non siano invece lesive della Costituzione proprio le parole rinunciatarie del Capo dello Stato. Ma in questo periodo di perbenismo di facciata e di ipocrisia di maniera non mi aspetto nulla di nuovo".

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