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Coronavirus, morti in ospizio: in Emilia Romagna i dati peggiori, ma la Lombardia è sotto inchiesta

Renato Farina
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Il 14 aprile scorso l'Istituto superiore di sanità (Iss) diffuse i dati sul contagio da Covid-19 all'interno delle Rsa (le case di riposo riconosciute dalle Regioni). Da quel report risultava che il dato peggiore sui morti da Corona negli ospizi apparteneva all'Emilia-Romagna. Una sorpresa che pochi hanno sperimentato, perché l'informazione corrente lo ha taciuto o nascosto. Le cifre parlavano e parlano, ma essendo disdicevoli per la linea politica dei quotidiani tesi all'unisono nella criminalizzazione della Lombardia, tanto vale seppellirle, cremarle, inumarle in segreto.

La verità è spesso antipatica. Il fatto è che, nell'arco trimestrale dell'emergenza pandemica, considerata l' Italia intera, la percentuale tra tutti i deceduti nelle case di riposo in Italia, è addebitabile per il 40,2% al Corona. In cima alla graduatoria, pareggiando la letalità degli ospizi spagnoli, ecco la Regione rossa per eccellenza, segnalata tuttora per fama universale e mai sfiorata da dubbio alcuno di buon governo: lì c'è stato il 57,7% di decessi dovuti al Covid, mentre la Lombardia, epicentro planetario dell' aggressività del contagio, seguiva con il 53,4. Quanto a province, il 14 aprile, in testa figurava Bergamo, città del focolaio più spaventoso al mondo, ben più feroce che a Wuhan. E chi dopo Bergamo? Altra sorpresa: non Brescia e neppure Lodi o Milano, ma Reggio Emilia.

CAMPAGNA D'ODIO
Perché rilanciamo questa notizia? Perché è una notizia occultata e per giustizia. Non si tratta di essere campanilisti in una gara assurda. Ma di chiedersi perché - e lasciare ai lettori la risposta - sul perché i riflettori si siano concentrati sulla Lombardia con la pretesa di illuminare un lager, dove gli anziani sono stati identificati e rastrellati come ebrei un premeditato sterminio nelle Rsa lombarde e anzitutto nel simbolicissimo "Pio Albergo Trivulzio". Non stiamo esasperando una vaga allusione o colorando macabramente una metafora suggestiva, ma parafrasando un vero e proprio atto di accusa da Tribunale dell'Aia per genocidio.

Carlo Verdelli disegna i contorni di un delitto contro l'umanità: «La vergogna del Trivulzio di Milano e di tante altre residenze per anziani somiglia a quella dei campi di concentramento dove i meno adatti al lavoro venivano accompagnati ai famigerati stanzoni delle docce da cui non sarebbero più usciti. Si salvi chi serve. Qualcuno, prima o poi, dovrà renderne conto». Qualcuno chi? Ma dai che era fin troppo chiaro già allora. I nomi dei capi delle Ss erano sottintesi. L'allusione era al bunker degli orrori, o forse al Nido d'Aquila, in cima al grattacielo della Regione Lombardia. Una giustificazione poteva forse esserci in quei giorni. Ma è arrivato il bollettino dell'Iss, e il bersaglio dei razzi di fango è rimasto quello lì. Neppure un ripensamento.

 

 

Nel frattempo alla campagna del quotidiano fondato da Scalfari, a quella data fatidica, si erano accodati il Corriere della Sera con Milena Gabanelli, Il Fatto e il Tg1. Nessun aggiustamento, figuriamoci, davanti ai numeri, da parte dei media mainstream, come si dice, uniti in uno strano appoggio al governo Conte e ai giallo-rossi. La vignetta del Corriere della Sera, a firma Giannelli, ha supportato lo stato d'animo e dato humor alla retata. Il disegno mostra le guardie all' opera nell' ex Baggina, con tanto di mascalzone in manette. Dice il testo: «Sotto inchiesta a ventotto anni dall' arresto di Mario Chiesa». Dalle finestre un ospite dice: «Possibile ci sia ancora un mariuolo?!» (18 aprile).

Coincidenze fantastiche, ottime per procedere come ai tempi di Tangentopoli. Ricordate? Si partì dalla Baggina (il Trivulzio) per arrivare al mandante, Craxi; oggi chi sarà mai il neo-Cinghialone? Ovvio: la giunta regionale presieduta da Attilio Fontana che risponderebbe a Matteo Salvini e più vastamente al centrodestra, in continuità con le politiche sanitarie di Roberto Formigoni. A questo punto ecco scattare la truffa dialettica. (a). Il sistema sanitario lombardo è colpevole della strage dei vecchi.(b) A crearlo è stato Formigoni. (c) Formigoni è stato condannato per corruzione. (d) Fontana & C. sono corrotti e mandanti di strage. Ad assumere la titolarità di pm, giudice e boia è stato, dopo un fiacco intervento di Michele Serra, Roberto Saviano, che prima su Le Monde, poi domenica e ieri ha ripetuto le medesime accuse su Repubblica.

MODELLO DA ABBATTERE
Saviano scrive su Le Monde definendosi esperto di criminalità organizzata, in questa veste di scienziato giudica il sistema sanitario lombardo come mafioso, identificandone il metodo con quello della 'ndrangheta. Si noti. La comunicazione dei dati era già avvenuta, e i numeri della strage dovrebbero spingere a inchieste magari dalle parti di Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna. Ma no, prevale il pregiudizio ideologico, una specie di odio razziale verso ciò che non è meridionale e di sinistra. La Lombardia è perciò fatalmente raccontata e condannata come il male personificato, la corruzione mafiosa irredimibile.

Scrive: «Un esempio per comprendere questa dinamica (lombarda e mafiosa, ndr) è quello di Comunione e Liberazione, un'associazione cattolica della quale il corrotto Roberto Formigoni era uomo di punta». Quel è la prova del marciume mafioso endemico in Regione? Ecco il genio al lavoro: «Comunione e Liberazione è potentissima in Lombardia e detta legge; basti pensare alla percentuale maggioritaria, nelle strutture pubbliche, di medici antiabortisti (i quali) hanno molte più possibilità di fare carriera rispetto a quelli non obiettori... dinamiche, che lungi dal rappresentare eccezione gettano una luce sinistra sulla regola seguita in generale».

Siccome i medici non sminuzzano i feti, allora si sfogano sui vecchi? Lasciando da parte il sarcasmo, trattasi di un orrore dal punto di vista morale e civile, per cui la libertà di coscienza, che è un diritto incomprimibile, è trasformata in concorso in associazione mafiosa. Un'infermiera ciellina di 24 anni che sta dando la vita assistendo i malati in terapia intensiva gli chiede di rettificare. Niente da fare. Conferma tutto. Il titolo del suo articolone di due pagine, è «La verità», ullallà, è risorto lui a Pasqua, non Gesù Cristo. Che vergogna. A quando un editoriale di Repubblica sui forni crematori di Bonaccini, così, tanto per par condicio?

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