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Carabinieri di Piacenza, la vergogna della sinistra dopo l'arresto dei banditi: chi alimenta il disprezzo contro l'Arma

Renato Farina
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C'è una vignetta orribile su Repubblica. Essa è indice della decadenza di questo Paese, in altro modo, sia pur meno truculento, di quello esibito a Piacenza da un manipolo di carabinieri da film americano sulla corruzione della polizia. Ellekappa offre un dialogo tra due cittadini perbene. Tizio dice: «Dal G8 di Genova, passando per Cucchi, per arrivare a Piacenza». Caio conclude: «Usi coprir tacendo». Il significato è chiaro. L'Arma è una organizzazione criminale, dove la violenza e la tortura non sono episodi circoscritti, ma la stoffa della divisa. Qualche volta l'evidenza di questo stato delle cose tracima, e mostra che la regola suprema, una specie di ordine di servizio non scritto come il codice rosso dei Marines, sia l'omertà.

Questa battuta (?) è il vertice della totale delegittimazione di quella che è stata una colonna portante della fiducia dei cittadini non solo verso le istituzioni, bensì verso la possibilità stessa di vivere in pace, dentro una sicurezza niente affatto truce ma fraterna. Non pensiamo affatto che la direzione passata e presente, insieme con il fondatore e l'editore (la famiglia Agnelli), sia su questa linea di linciaggio morale dei Carabinieri. Ma carta e inchiostro cantano. E musica e testo della canzone eccitano il popolo di sinistra - di cui Repubblica intende tuttora essere la guida politica e morale - a demolire l'Arma non più benemerita. C'è una parte della sinistra che è così: vuole sangue (dei carabinieri e della polizia). È il versante italiano della campagna partita dagli Usa e intitolata "Black Lives Matter", che è stata prima una protesta contro i metodi della polizia locale per diventare poi un moto globale per lo sradicamento di ogni simbolo della civiltà occidentale. Questa operazione ha somiglianze singolari con quell'altra campagna condotta prima negli Stati Uniti e poi imitata con grande goduria in Italia contro la Chiesa.

Il bersaglio apparente era ed è sacrosanto come nell'attuale scandalo di Piacenza: gli abusi sessuali del clero verso ragazzini che sacerdoti e vescovi avrebbero dovuto custodire. Il tutto coperto dalla gerarchia per non evitare sfregi alla reputazione della Santa Sede e delle diocesi del mondo intero. C'è bisogno di dire che un repulisti era (ed è) necessario. Nulla è più orribile e grave della pedofilia, che distrugge la vita delle vittime. Lo scopo però, reso palese dall'ossessione unidirezionale delle accuse, non ha avuto e non ha la protezione di chi è stato violato o rischia di esserlo, ma la demolizione della Chiesa, la sua riduzione a santuario di preti pervertiti, la trasmissione di una sorta di idea diffusa per cui mandare i figli all'oratorio sarebbe equivalente ad accompagnarli nella casa degli orchi. Ecco. Qui tocca dirlo: oratori e caserme non sono nella stragrande maggioranza dei casi scene potenziali del crimine, ma luoghi dove sono trasmessi e comunque praticati quei valori senza di cui il mondo sarebbe l'arena messicana del combattimento tra cani: irredimibile, disfatto, dove le uniche persone a posto sono i propagandisti della dissoluzione.

La Chiesa, accanto a iniziative meritorie e severe di pulizia, ha fin troppo accettato, rinunciando al garantismo, ad accondiscendere a questa immagine catastrofica (vedi la vicenda incredibile delle ingiuste accuse al cardinale Pell, difeso e fatto assolvere dall'inchiesta di un giornalista ateo). Ci auguriamo che i vertici dei Carabinieri non facciano altrettanto per cedere alle pressioni spesso pelose di chi vorrebbe il harakiri dell'Arma e, alla fine, della nazione. Qui mi pare interessante mettere in luce quel che non viene detto. Nell'ordinanza del Gip che ha spedito in carcere sei carabinieri, i cui comportamenti fanno rizzare i capelli per la sistematicità dei crimini commessi e l'incredibile presunzione di impunità, c'è sì il sentimento nobile e amareggiato della giovane recluta che sente il clima pesante e si sfoga con il padre. Di questo è stato dato conto, e giustamente. Conviene però si sappia chi e come abbia mosso l'inchiesta della magistratura e della Guardia di Finanza. È stato il comandante della compagnia dei carabinieri di Cremona, un alto ufficiale cioè, in precedenza di stanza a Piacenza. Nel corso di una deposizione come persona informata su altri fatti, ha fatto ascoltare dei messaggi vocali "asseritamente ricevuti da un soggetto di origine marocchina". C'era già tutto. Insomma: sono stati i carabinieri a sollevare il coperchio del verminaio. Altro che "usi coprir tacendo". Ed ecco però un'ammissione del maggiore: si rivolgeva alla polizia giudiziaria e noi ai colleghi perché non aveva fiducia negli attuali dirigenti dei carabinieri di Piacenza. 

 

 

 

 

 

Nulla di nuovo. Chi si fida di chi? Identiche cose si sentono dire in Vaticano riferite a questo o a quel dicastero o curia. Qualcosa di acido è penetrato in questi ultimi decenni post-68 nelle strutture portanti di tutte le "agenzie educative". Senza eccezione. I giovani delle ultime generazioni che sono stati ammessi in seminario, hanno deciso di arruolarsi tra i carabinieri (o nell'esercito, nella polizia eccetera), sono stati cooptati nella magistratura, si sono aggiudicati cattedre nelle scuole e nelle università, ruoli politici, vorrei aggiungere anche i geometri, gli amministratori di condominio, i gelatai e i giornalisti; tutti sono figli di questa epoca. La sinistra che adesso si scandalizza ha assecondato vivacemente il conformismo liquidatorio di qualsiasi tradizione. Il disprezzo per la disciplina, la rinuncia all'orgoglio dell'abito sono stati i segni esteriori della rinuncia al primato del dovere e della lealtà. È un miracolo che la grande maggioranza delle categorie anzidette cerchi di mantenersi perbene, e persino ci riesca. Ripartiamo da loro. Non si tratta allora di bruciare le caserme e le chiese (ci pensano già gli islamici) ma di rimettere mano, di buona lena, alla malta e alla cazzuola. Per aggiustare e ridare fascino a quelle due o tre cose che ci insegnarono curati e marescialli antichi, con la luce sempre accesa e un bicchiere sul tavolo per noi. 

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