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Carabinieri di Piacenza, l'accusa dello spacciatore: "Così Montella sfruttava le escort per coccolare gli informatori"

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Oltre alle botte c'erano anche albeghi di lusso ed escort nel pacchetto all inclusive offerto agli informatori dal'appuntato Giuseppe Montella, secondo la procura di Piacenza il principale promotore degli illeciti che avvenivano alla caserma Levante di Piacenza. Ricompense per chi collaborava che dunque superavano anche la spartizione del contante, c'è anche questo nelle oltre 300 pagine di ordinanza firmate dal gip Luca Milani.  Era un patto di collaborazione con delle penali, ovviamente, chi non seguiva i patti veniva pestato di botte nelle stanze della caserma. 

 



Un pestaggio come quello ricevuto dal marocchino di 26 anni dalle cui rivelazioni è partita l'inchiesta. Le registrazioni del marocchino, arrestato per spaccio e poi divenuto informatore dell'appuntato Montella, erano erano state fatte ascoltare in procura dal maggiore dei carabinieri Rocco Papaleo, oggi comandante della Compagnia di Cremona e all'epoca alla guida del Nucleo investigativo di Piacenza, convocato in quell'occasione per un'altra indagine, e che ha così dato il via all'inchiesta. 

Come scrive Il Giorno, l'informatore 26enne racconta di conoscere Montella fin dal 2010 e di aver ricevuto da lui già nel 2016 la proposta, poi accettata, di collaborare all'arresto di spacciatori della zona in cambio di una percentuale del denaro o della droga sequestrata.

"Montella", spiega ancora l'informatore, "in modo molto esplicito mi ha detto che se avessi avuto qualche operazione 'cotto e mangiato', senza svolgere indagini lunghe, una parte del denaro e dello stupefacente pari al 10% poteva essermi data come compenso". Il 26enne veniva anche tranquillizzato dallo stesso carabiniere che "nel caso di eventuali controlli potevo fare il suo nome".

È sempre lo stesso informatore a dire "che la droga veniva conservata in un barattolo custodito in caserma". Poi, in una occasione, una casa perquisita dai militari viene lasciata aperta per permettere al 26enne di poter rubare quello che c'era dentro: vestiti, materiale elettrico, macchine fotografiche. Infine, tutti nel garage di Montella. A dividere la refurtiva. 

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