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Coronavirus, la nuova strategia: niente chiusure estese ma interventi "chirurgici" su realtà a rischio

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Un libretto di istruzioni guiderà Regioni e aziende sanitarie nei prossimi mesi sulla gestione del coronavirus per comportarsi di fronte a un incremento dei casi positivi. L'incidenza di nuovi casi, nelle ultime due settimane, è di 9,65 ogni centomila abitanti. Numeri alti, ma controllabili. Il piano di risposta all'incremento oggettivo di infezioni non prevede il ricorso al lockdown. La formula semmai è quella della vigilanza costante del territorio, con la delimitazione di zone rosse, senza perdite di tempo, quando ve ne sia la necessità. Si può ipotizzare un paese, un centro residenziale, un'area industriale (in Germania per l'incremento dei contagi chiusero la zona dei macelli). Per fare scattare questa procedura contano le caratteristiche del focolaio. 

 

 

 

 

 

In un piccolo paese puoi anche avere decine di persone infette, ma se i servizi epidemiologici hanno già identificato l'origine del contagio, circoscritto e isolato tutti i contatti, allora la zona rossa risulta inutile. Al contrario, scrive il Messaggero, anche in presenza di un numero minore di casi, per i quali però non è chiaro il percorso della trasmissione, bisogna intervenire senza esitazione, chiudere l'area, isolarla ed evitare che poi il virus finisca fuori controllo. Più che a interventi su macro aree, l'attenzione del piano del governo e le indicazione del Comitato tecnico scientifico, guardano a un controllo capillare del territorio. Resta una enorme incognita, su cui nessuno - né in Italia né nel resto del mondo - può fare una previsione credibile: gli effetti, in termini di numero di contagi, della riaperture delle scuole.

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