Cerca
Logo
Cerca
+

Coronavirus, la truffa del tampone porta a porta: due indagati a Civitavecchia, i sospetti sulla diffusione del contagio

  • a
  • a
  • a

Facevano falsi tamponi a domicilio ad un prezzo conveniente e poi davano responso negativo a tutti. La truffa dei test a casa è avvenuta a Civitavecchia ed è stata portata avanti da un'infermiera e dal suo compagno. Come riporta il Messaggero, i due sono indagati per aver rubato i test dall'ospedale San Paolo e per averli somministrati a un gran numero di persone tra Roma e la città portuale. L'ipotesi di reato per loro è di concorso in falsità materiale, sostituzione di persona ed esercizio arbitrario della professione medica. Ma il sospetto più grave al momento è che la loro truffa possa aver causato una diffusione maggiore del coronavirus. Il rischio è che una persona positiva, cui è stato dato un falso responso negativo al test, abbia continuato a comportarsi come se non lo fosse, finendo per contagiare altre persone. Secondo la Procura sarebbero almeno 30 le vittime. 

 

 

 

Tutto inizia a settembre, quando il compagno dell'infermiera, facendo finta di essere un medico, va a fare i tamponi ai lavoratori di una ditta di pulizie a Roma, la Rapida. Tutti i tamponi dei dipendenti dell'impresa risultano negativi, ma una di loro ha dei dubbi sul referto che le viene consegnato. Sul foglio intestato dell'ospedale Spallanzani, infatti, c'è effettivamente scritto che la donna è negativa, ma c'è anche una postilla, dove si dice che in realtà non è esclusa la positività. Qui iniziano i sospetti. La donna chiede spiegazioni al centro infettivologico, ma lì le fanno sapere che quel test non è mai stato processato da loro Si scopre, poi, attraverso lo studio d’invio del referto, che è riconducibile alla Asl Roma4, a Civitavecchia. Ma anche qui dicono alla donna che quel foglio non è mai stato prodotto nemmeno da loro. A quel punto scatta l'indagine, coordinata dal pubblico ministero Allegra Migliorini, che riesce a ricostruire il piano messo a punto dalla coppia. L'infermiera prelevava i test dal reparto di ortopedia dell'ospedale in cui lavorava e li consegnava al compagno, che andava a domicilio per effettuarli. Poi stilava i falsi referti, partendo da uno vero dello Spallanzani e grazie all'aiuto di un computer.

 

Dai blog