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Farnesina, morto un altro diplomatico: Pietro Panarello si è tolto la vita infilando la testa in un sacchetto

Andrea Morigi
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Poco dopo aver appreso dell'assassinio di Luca Attanasio, il 23 febbraio, un altro diplomatico, Pietro Panarello, 40 anni, si toglieva la vita nella propria abitazione di Messina. Il giovane siciliano, primo Segretario per il Commercio e degli Affari Culturali dell'Ambasciata Italiana in Etiopia, è stato trovato con un sacchetto di plastica in testa. I suoi familiari insospettiti dal fatto che non riuscivano a mettersi in contatto con lui erano andati nella sua abitazione e lo avevano trovato già morto. Sul posto erano intervenuti gli uomini delle volanti della polizia di Stato e la Scientifica per i rilievi. La Procura non ha aperto una inchiesta. I funerali si sono svolti mercoledì a Messina.

 

 

 

«Non stava bene»

Pietro era figlio di un ex deputato all'Assemblea regionale siciliana per il Partito Democratico, Filippo Panarello, che pochi anni fa aveva perso un'altra figlia a causa di un tumore. Il giovane era tornato a Messina per trascorrervi le vacanze di Natale ma aveva prolungato il suo soggiorno in Sicilia perché, come ha spiegato un suo conoscente, «non stava bene». L'ex ministro per il Sud Giuseppe Provenzano ha espresso il proprio cordoglio per la perdita ricordandolo sui social come un «ragazzo coltissimo, dolcissimo. Un ragazzo d'oro». E anche i commenti post mortem, sulla pagina Facebook della rappresentanza diplomatica ad Addis Abeba, lo ritraggono come persona gentile, disponibile, i cui consigli si rivelavano preziosi. Anche l'Etiopia, dove Panarello prestava il proprio servizio, sta attraversando da oltre tre mesi un periodo di conflitto armato, esploso nel novembre scorso con una serie di assalti del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) contro installazioni militari etiopi, in particolare a Macallè.

 

 

 

Emergenza umanitaria  

In seguito all'intervento militare congiunto delle forze armate etiopi ed eritree, la fase più acuta degli scontri sembra trascorsa, tuttavia la guerriglia continua e il Paese versa in una grave situazione umanitaria. Decine di migliaia di persone sono fuggite in Sudan e i partiti di opposizione hanno denunciato 52mila vittime civili, oltre a episodi di violenze etniche, stupri, devastazione di beni culturali di cui la regione è molto ricca. Secondo la Croce rossa, circa 3,8 milioni di persone hanno necessità di aiuto umanitario in Tigray, dove sono operativi solo quattro ospedali su 40 e le carenze di forniture mediche hanno paralizzato le sale operatorie. Nel Tigray sono sotto attacco anche i campi profughi di Shimelba e Hitsatsi, che ospitavano eritrei fuggiti dal regime di Isais Afewerki: i campi sono stati chiusi e i loro residenti eritrei trasferiti. Un'altra zona a rischio anche per i diplomatici italiani

 

 

 

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