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Torino, muore a 12 anni appesa alla mensola con la cintura dell'accappatoio: la pista terrificante dietro la tragedia

Marco Bardesono
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Nella piazzetta quasi di fronte a casa di Elena, c'è una fontanella da cui sgorga acqua fredda di montagna e un parapetto dove lei, 12 anni, e due sue amiche tredicenni, si trovano di pomeriggio, perché a quell'ora batte il sole. Lì le tre ragazzine hanno pianificato «un gesto clamoroso e spettacolare», qualcosa che sarebbe «finito sui giornali» e avrebbe interrotto l'isolamento, vinto il disagio e le frustrazioni delle tre adolescenti, sofferenti per la «mancanza di prospettive», perché dalla piccola frazione di Baio Dora, nel comune di Borgofranco di Ivrea, non avrebbero mai potuto fuggire. Un patto suggellato con il sangue (i tagli sulle braccia) che nessuna avrebbe disatteso. Domenica sera Diego Ardissone, artigiano in falegnameria della zona, è entrato nella cameretta di Elena, sua figlia, e l'ha trovata senza vita, con un cappio al collo annodato con la cintura di spugna del suo accappatoio. Non una lettera, una spiegazione che «probabilmente troveremo nelle centinaia di chat presenti nel suo telefono», spiega il procuratore capo di Ivrea Giuseppe Ferrando. Un gesto estremo condiviso virtualmente con chissà quanti adolescenti e, di presenza, con le sue amiche disperate, compagne di scuola di Elena. Lei è andata fino in fondo e, per farlo, secondo lo zio Domenico, «si è ispirata a Tik Tok. Era sempre lì sopra a chattare. Ma non credo che mia nipote volesse farla finita. Domenica a pranzo, con tutta la famiglia, aveva parlato del suo futuro, della scuola che avrebbe voluto frequentare dopo le medie. Mi è parsa serena».

 

 

 

Elena non c'è più, le amiche non l'hanno seguita. Una delle due, terrorizzata, si sarebbe confidata con i genitori, l'altra sembra non abbia mai preso sul serio «il giuramento con il sangue», almeno così dice. Entrambe sono state ascoltate dal procuratore del Tribunale per i minorenni di Torino Emma Avezzù, mentre il procuratore di Ivrea Ferrando ha aperto un fascicolo penale dove si ipotizza il reato di «istigazione al suicidio. Un atto dovuto - dice - che ci permetterà di effettuare alcune verifiche che sono doverose». Per il magistrato, che al momento non esclude nulla, «il disagio esistenziale e il rapporto tra le tre ragazzine sono al centro delle nostre verifiche» e il web, Tik Tok e gli altri social farebbero da sfondo ad un dramma di cui non si è accorto nessuno. «Stiamo parlando di famiglie normali - aggiunge Ferrando -, ma molto spesso papà e mamma sono gli ultimi ad accorgersi dei malesseri e dei disagi dei figli».

 

Non se ne sono accorti in paese, dove nello spaccio della piccola frazione, Elena e le sue amiche vengono descritte come «ragazze solari e piene di vita». Solo un montanaro di circa settant' anni che ricovera le sue «bestie» in una stalla all'inizio del paese, e dice di chiamarsi Bernardo, sospetta: «Erano sempre con quel telefono in mano...». Di nulla si sono accorti a scuola, alla media Germanetti di Borgofranco, dove la responsabile della succursale evita ogni commento, ma alcuni docenti, che alla spicciolata lasciano l'istituto, aggiungono: «Già è difficile capire i nostri allievi quando siamo in presenza, con la didattica a distanza, è pressoché impossibile». Oggi, il medico legale Mario Apostol eseguirà l'autopsia utilizzando (una delle prime volte in Italia) tecniche virtuali di ricerca clinica che permettono di non intervenire direttamente sul corpo della ragazzina. Sullo sfondo resta l'app di Tik Tok, sviluppata in Cina e arrivata in tutto il mondo. In Italia, di recente, il Garante della Privacy ha imposto al social precise restrizioni e verifiche sull'età di chi vi naviga. Disposizioni cadute nel nulla, nonostante le rassicurazioni da parte del social, di fatto incontrollabile su tutto il pianeta. TikTok è alla ribalta per una sfida a dir poco folle: coprirsi totalmente il volto in modo tale da non poter respirare. E le conseguenze drammatiche già sono arrivate. Denunciata una 48enne siciliana per istigazione al suicidio, oltre che 2 vittime: due bambini morti perché, per imitare gli idoli visti sul social, hanno perso la vita. Antonella, 10 anni, di Palermo e una ragazzina di Bari di 9 anni.

 

 

 

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