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Terrorismo, Alessandro Sandrini e il "finto sequestro in Siria". Inchiesta sconcertante: "La Farnesina ci fa ricchi", finisce in disgrazia

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Scoperto un giro di "falsi rapimenti". Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, un gruppo criminale del bresciano lombardo avrebbero organizzato dei finti rapimenti in Medio Oriente, tra la Turchia e la Siria,  per ottenere i soldi del riscatto sborsati dal ministero degli Esteri. A dare il via alle indagini le dichiarazioni dell'ex fidanzata di Alessandro Sandrini, uno dei finti ostaggi: "Durante il viaggio verso l'aeroporto Sandrini mi continuava a dire che dovevo stare tranquilla, perché al rientro avrebbe avuto molti soldi che sarebbero arrivati dalla Farnesina come riscatto del suo falso sequestro... Sentivo Zanini e Olsi dire a Sandrini di non preoccuparsi della sua dipendenza dagli stupefacenti, poiché sarebbe stato in una bella villa, da cui non sarebbe potuto uscire, ma in compenso avrebbe avuto donne, alcol e droga" ha affermato la donna. 

 

 

Crollato il castello di carte, Sandrini è ora indagato per simulazione di reato e truffa, mentre il 54enne Alberto Zanini e l'albanese Olsi Mitraj (41 anni) sono finiti in prigione per sequestro di persona a scopo di terrorismo ed eversione, assieme a un altro uomo di origine albanese Fredi Frrokaj (44 anni), coinvolto in un altro rapimento dubbio, quello dell'imprenditore Sergio Zanotti. Nella giornata di ieri, l'indagine perseguita dalla Procura di Roma ha svelato una parte della rete di persone coinvolte. Gli italiani sono considerati dei veri e propri lingotti d'oro nel mercato dei rapimenti, poiché vige la convinzione che il governo spesso paghi i riscatti.

 

 

 

 

"Prima di partire, Sandrini mi aveva garantito che appena rientrato in Italia 100.000 euro sarebbero stati miei se avessi mantenuto il gioco, con la sua famiglia, i giornali e le forze dell'ordine" ha dichiarato sempre l'ex fidanzata del giovane bresciano. Secondo la ricostruzione della Procura di Roma, Sandrini sarebbe tuttavia rimasto coinvolto in un vero rapimento una volta ceduto in mano a gruppi jihadisti appartenenti ad Al Qaeda nel 2016, e poi liberato nella primavera di tre anni dopo. Come per Sandrini, anche Zanotti sarebbe stato in contatto con la banda italo-albanese sin dalla sua partenza. I familiari avrebbero ricevuto soldi da Frrokaj, una volta che Zanotti si trovava nelle mani dei carcerieri.

 

 

 

Tuttavia, al momento Zanotti non è indagato. Quando gli investigatori hanno bussato alla sua porta di casa, l'imprenditore ha confermato le versioni precedenti, rifiutandosi però in seguito di collaborare. Ora rischia l'accusa di favoreggiamento. Zanotti era stato riportato in Italia nell'aprile del 2019 grazie all'agenzia dei servizi segreti per la sicurezza esterna (Aise), tra gli applausi di Giuseppe Conte che rimarcò il successo "a conclusione di una complessa e delicata attività di intelligence". Nessuno ha mai confermato il pagamento di un riscatto, ma il dubbio rimane. La Procura romana indaga al momento su altri sei possibili complici. La lista di indagati non sembra più finire. 

 

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