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Belluno, coperto di insulti dai "buoni": si paga il funerale e poi si uccide. Il dramma umano che non fa notizia

Alessandro Gonzato
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Della tragica fine di Nicola Mina non parla nessuno, eppure questo ragazzone di 28 anni che abitava a Candide, minuscola frazione di Comelico Superiore - nella montagna bellunese - s' è suicidato per colpa dell'odio vomitatogli addosso sui social, com' è accaduto ad altri giovani le cui storie hanno riempito giornali e trasmissioni. Perché questa diversità di trattamento? Vediamo. Nicola, descritto dal Gazzettino- non esattamente un quotidiano di estrema destra- come «una montagna d'uomo, introverso, a volte burbero», ma anche come «un ragazzo che usava questa scorza per nascondere la sua fragilità», è stato ricordato solo dalla stampa locale, ché il fatto di cronaca - soprattutto in una comunità di 800 persone non poteva essere taciuto. I media nazionali l'hanno ignorato, e sì che la vicenda è pietosa, il suicidio premeditato, Nicola s'era addirittura pagato il funerale due mesi prima: s'è impiccato nella vecchia casa di famiglia alla vigilia del compleanno e a una manciata d'ore dall'inizio del processo in cui era imputato per tentato omicidio aggravato dall'odio razziale. Ecco, il punto è questo: il razzismo.

 

 

 

Il tribunale di internet, cloaca massima, aveva già emesso la propria sentenza prima ancora che il tribunale, quello vero, stabilisse se lo scorso 8 agosto, di ritorno dal bosco, Nicola avesse ferito quel venditore ambulante senegalese perché aveva la pelle nera o semplicemente perché ha fatto un'enorme sciocchezza dettata magari da passate frizioni. Il popolo del web, per mesi, l'ha ricoperto di insulti augurandogli nel migliore dei casi la stessa coltellata. Per altri Nicola doveva morire in cella e per altri ancora morire e basta. Lui, il ragazzone, non ha retto e si è tolto la vita. Di seguito, la ricostruzione dei fatti. Era lunedì pomeriggio. Nicola, al culmine di una violenta lite, ha colpito l'africano all'addome con il coltellino da funghi. È successo nella piazzetta del paese, fuori dal bar, dopo che i due, dentro, avevano iniziato a litigare. Si conoscevano. C'erano vecchie ruggini. «Tornatene in Africa, che cazzo ci sei venuto a fare qui che c'è il virus!», gli avrebbe gridato il bellunese dopo che già avevano iniziato a discutere. Frase stupida, certo, ma son cose che possono sfuggire: il razzismo, quello vero e da condannare con durezza, è altra cosa. Lo scontro per di più sarebbe avvenuto davanti a un testimone, il quale non avrebbe sentito alcuna frase xenofoba. Comunque, la vera sciocchezza Nicola l'aveva compiuta colpendo il rivale col coltellino che s'era portato dietro per cogliere i funghi. Roba da poco, fortunatamente: il senegalese s' è rimesso in pochi giorni. Ripetiamo, un gesto non scusabile, giusto il processo: ma il razzismo? La gogna? Per Nicola è cominciata in quel momento, l'agonia. Lo attendeva un processo duro e una condanna certa, almeno per la coltellata. Ne era consapevole, mai ha tentato di sfuggire alle proprie responsabilità, riferisce l'avvocato, Danilo Riponti. L'aveva combinata grossa. E però lo stesso avvocato dice un'altra cosa importante: al processo sarebbero venuti a testimoniare ragazzi tunisini, marocchini, albanesi, nigeriani, tutte persone con le quali Nicola aveva lavorato in un'azienda di serramenti e che aveva aiutato nei momenti di difficoltà.

 

 

 

«Anche se era un gigante», riferisce l'avvocato, «era un ragazzo estremamente sensibile. Aveva avuto un passato doloroso, era provato dalla vita, ma di certo non era razzista. Se poteva aiutava tutti. La versione dello xenofobo che insegue persone di colore», aggiunge, «è lontana anni luce da lui». L'avvocato, che avrebbe immediatamente tentato di smontare l'aggravante dell'odio razziale, mirava anche a ridurre il capo d'imputazione da tentato omicidio a lesioni personali. «È stato lapidato», continua, «non dimentichiamoci che dall'altra parte dello schermo ci sono persone che per una parola o un commento possono subire ferite profondissime». Il sindaco, Marco Staunovo Polacco, condanna fermamente il gesto di Nicola ma anche i social, «ricettacoli di cattiveria e di bugie, luoghi dove le cose vengono ingigantite». «Macchine infernali», prosegue, «dentro alle quali rischi di essere triturato. Altro che cancellare Trump: certi canali andrebbero proprio spenti! Come padre sono preoccupato per i miei figli». Straziante il messaggio dei genitori: «Nicola è stato travolto dall'odio. Aveva sbagliato ed era pronto a pagare. È doveroso riflettere sulle conseguenze di una gogna mediatica in cui non c'è difesa per chi ne rimane stritolato e che andrebbe perseguita per il bene di una società civile. Speriamo che in futuro ci sia più umanità e che nessuno venga più sottoposto a condanne mediatiche insensate che distruggono l'anima e la vita». Purtroppo non sarà così. 

 

 

 

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