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Coronavirus, il professore di farmacologia contro l'eccesso di vaccini: "Aiutano, ma non attenuano la carica virale"

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Marco Cosentino, medico chirurgo e professore ordinario di farmacologia all'università dell'Insubria, spiega che "sono tre i casi tipici che il virus può trovarsi davanti: il primo, una persona che non è mai venuta a contatto con SARS-2, quindi senza immunità. In questo caso il virus può mutare ma non ha pressioni selettive che lo spingano a sfuggire alle difese immunitarie attraverso varianti. Secondo caso è quello in cui un soggetto ha una immunità pienamente efficace, così SARS-2 viene neutralizzato prima di moltiplicarsi e diffondersi. Terzo caso, un soggetto con un'immunità attiva ma non completa. Rientrano nel terzo caso sia vaccinati che guariti nei quali non siano presenti anticorpi neutralizzanti sufficientemente potenti".

 

 

 

"In tal caso il virus può persistere, selezionare varianti con vantaggio competitivo e diffondersi ulteriormente. Quando un vaccino fornisce un'immunità del genere, riduce i rischi di contagio e malattia ma non li azzera, viene detto leaky ovvero che perde, che gocciola. In italiano è più semplice definirlo imperfetto. Un vaccino imperfetto in linea di principio ha vantaggi e svantaggi. Abbiamo ormai ampie prove che tutti i vaccini di cui disponiamo sono vaccini imperfetti, che non bloccano il contagio e che al meglio attenuano la malattia", scrive il professore in un articolo sul Tempo.

 

 

 

 

"Anche un vaccino imperfetto ha alcuni benefici, dato che pare proteggere non solo i vaccinati bensì anche ridurre la carica virale, rendendo meno contagiosi pure i non vaccinati che siano stati contagiati dagli individui vaccinati. Un fenomeno del genere viene effettivamente proposto anche per gli attuali vaccini anti-Covid19. Un altro studio del 2015 mostra tuttavia con chiarezza come un vaccino imperfetto promuova anche la selezione di varianti più aggressive. Su questi presupposti, è dunque del tutto plausibile che anche i vaccini anti-Covid19 abbiano benefici ma altrettanto che contribuiscano pure alla selezione di varianti, esattamente come probabilmente avviene in quegli individui guariti che abbiano però sviluppato un'immunità attiva ma non completa. In conclusione, i vaccini sono armi importanti ma al tempo stesso non risolutive, utili per la protezione dei soggetti più vulnerabili ma il cui uso scriteriato potrebbe anche rivelarsi controproducente", conclude Cosentino.

 

 

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