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Luca Zaia e il Covid: "Troppe idee ad minchiam. Basta fare i talebani del vaccino: come si convincono i no-vax"

Luca Zaia

Pietro Senaldi
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Dalla pandemia all'autonomia». Per andare fino a dove? Un politico che scrive un libro non vuol fare letteratura, ma segnare un punto fisso, che in genere è sia d'arrivo che di partenza. «Come ho scritto nella quarta di copertina, l'opera non è un manifesto politico e neppure una celebrazione della lotta al Co vid, anche perché il virus è tutt' altro che battuto: sta rialzando la testa, ma era previsto» precisa Luca Zaia, che per la verità è alla terza fatica letteraria. L'esordio è stato Con le scarpe sporche di terra, sull'esperienza da ministro dell'Agricoltura, seguito da Adottare la Terra. Per non morire di fame, dove il governatore veneto affrontava con qualche anno d'anticipo e qualche quintale di retorica in meno e pragmatismo in più i temi cari a Greta. «Stavolta» spiega «il libro mi è stato sollecitato, in realtà è una raccolta dei pensieri che io mi appunto tutti i giorni, fermando le considerazioni che il mio lavoro mi suggerisce». E stavolta il libro era straordinariamente atteso: primo nella classifica di vendite della saggistica e tra i primi dieci in quella generale. Il governatore del Veneto è stato uno dei paladini della guerra al Covid, un precursore, con i tamponi a tutti gli abitanti del comune di Vo Euganeo, all'inizio, e anche con la prima zona rossa, circondata dai militari in mimetica. «Scelte che si sono rivelate corrette, ma che potevano costarmi caro», ragiona il presidente leghista: io ho un ottimo rapporto con i magistrati, ma se fosse stato vero quello che diceva il governo giallorosso, ai tempi in cui io prendevo queste decisioni estreme, oggi anziché presentare il mio libro dovrei presentare memorie difensive in tribunale, per rispondere di spreco del denaro pubblico. Il lombardo Fontana fu accusato di danneggiare l'Italia per il video sulla mascherina, cosa avrebbero detto a me che ho chiuso il Carnevale di Venezia? Serve autonomia davanti a una tragedia e tutela per chi deve fare scelte difficili in poco tempo. De Gaulle diceva che è meglio una scelta imperfetta subito che una perfetta troppo tardi». Un libro è un viaggio, anche se Zaia ha sempre detto di pensare solo al Veneto, «perché il governatore è nei fattti l'amministratore delegato dell'azienda Regione, e quello dev' essere il suo orizzonte, ed è bene che solo di quello parli, altrimenti i suoi elettori possono pensare che lui si dedica ad altro anziché a eseguire il mandato. Altrimenti si fa come certi professori, giornalisti o intellettuali, che parlano di cose che non conoscono, come il virus, perché oggi, quanto a libertà di parola, un Premio Nobel in Medicina o una laurea in Virologia non la si nega a nessuno». Il governatore invece il Covid l'ha studiato bene, «tant'è che nella mia Regione siamo stati i primi a utilizzare le cure monoclonali che hanno salvato la vita a Trump». Non serve muoversi dal Veneto per avere le idee chiare sull'Italia.

 

 

 

Cos'ha imparato dal Covid, presidente?

«Il virus è stato un Big Bang e, come tutti i fenomeni sconvolgenti, fa emergere quello che nella società era nascosto e lascerà cambiamenti definitivi. L'Italia, come dimostrano i dati dei contagi e dei ricoveri, ha avuto una reazione straordinaria alla pandemia, eppure ormai è palese che in questo Paese alberga una filosofia, un modo di vedere le cose, in base al quale qualsiasi indicazione dell'autorità pubblica viene percepita da alcuni cittadini come una violenza. E non parlo solo dei vaccini, sui quali sono fiorite teorie folli, ma anche della semplice richiesta di indossare delle mascherine per cautelarsi. Come il conflitto bellico ottant'anni fa, anche la battaglia al Covid ha portato a una guerra civile».

Sì vax contro no vax?

«Abbiamo scoperto che la comunità nazionale è spaccata, si rompono amicizie e relazioni parentali. Abbiamo capito che c'è una parte della popolazione che non accetta indicazioni neppure in emergenza. C'è una realtà anarchica nel Paese, insofferente alle regole e anche con connotati di violenza. I No Green Pass di oggi sono i No Mask di ieri: è tutto un No-Italia che si tiene insieme».

Colpa di chi?

«Certa politica ha provato a strumentalizzare il Covid. Ricordo gli attacchi ai governatori leghisti, accusati di razzismo perché volevano chiudere le frontiere, e poi l'insana competizione inscenata dall'esecutivo giallorosso contro le Regioni, che invece sono state la salvezza. La verità è che la riforma che davvero servirebbe è quella di cui nessuno parla mai, un ripensamento culturale del Paese, che deve finirla di essere la culla delle fazioni e diventare un popolo di cittadini che hanno a cuore il bene comune. Io non sono mai stato un moralista, però certe miserie politiche e intellettuali mi hanno indignato. È urgente una pacificazione sociale».

Dopo quella già avvenuta all'interno della Lega tra Sì Vax e No Vax?

«Basta esagerazioni, il dibattito su come affrontare la pandemia ha riguardato tutti i partiti. La Lega è sempre stata pro vaccini, c'è stata diLuca Zaia Ragioniamoci sopra D Jk pandemia a1Pautonomia scussione solo sui limiti alle restrizioni e all'utilizzo del Green Pass. Comunque, vorrei ricordare che siamo il solo partito che ha prodotto un documento comune in favore della profilassi con linee guida chiare e inequivocabili».

È perché cerca la pacificazione sociale che è contrario all'obbligo di vaccinazione, che rischierebbe di spaccare ulteriormente il Paese?

«Quando un politico propone una misura eccezionale deve subito spiegare come intende applicarla. Sono già state sparate troppe idee ad minchiam, con il solo effetto di disorientare ulteriormente la popolazione. Non siamo in Cina, da noi è impensabile usare la forza pubblica per vaccinare i cittadini. E allora, cosa si prefigge chi vuole introdurre l'obbligo?».

Immagino lo scopo sia di avere tutti vaccinati...

«L'obbligo c'è già per alcune categorie, come i sanitari e le forze dell'ordine, ma non ha sortito l'effetto di far vaccinare tutti. In Austria, chi violerà l'obbligo sarà multato. E allora vede che l'effetto dell'obbligo alla fine è multare o vietare di andare al lavoro, cioè punire chi non si fa l'iniezione? In questo Paese la privacy ti impedisce di sapere perché un dipendente si assenta in malattia e si ricorre al Tar se ti bocciano il figlio: davvero qualcuno pensa di poter costringere la gente a vaccinarsi? Perfino l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo in guardia dall'introduzione dell'obbligo, spiegando che alza muri nella società e divide il Paese in due».

 

 

 

Il Green Pass rafforzato però ha aumentato le prime dosi, significa che porre veti paga...

«Perché stiamo andando a prendere chi ha paura e si vaccina controvoglia. Ma c'è una quota di No Vax duri e puri alla quale non arriveremo mai, e più decanti le lodi del vaccino più li allontani».

Che cosa dovremmo fare allora?

«Smetterla di fare i talebani del vaccino e spiegare che non è sbagliato avere paura. Anche io l'ho avuta, ero consapevole di iniettarmi un farmaco, però credo nella scienza e so che i benefici sono superiori ai rischi, che sono davvero minimi. Però non parliamo già di quarta dose quando dobbiamo convincere le persone a fare la terza, altrimenti facciamo cascare le braccia ai cittadini, che si sentono delle cavie, quando invece questi vaccini sono straordinari, ma la gente ne ignora la modernità. Sento dire che sarebbero sperimentali quando invece sono i più sperimentati al mondo, li hanno già assunti miliardi di persone».

Spaventa che non siano naturali bensì sintetici...

«È la loro forza, tra pochi anni useremo l'rna messaggero per vaccinarci dal cancro; diventerà il nostro modo di curarci dalle neoplasie, e non lo dico io ma le più autorevoli riviste scientifiche al mondo».

È favorevole o no alla quarta dose?

«Io sono pro vax. In Veneto abbiamo il 15% di popolazione non vaccinata ma tra i ricoverati i non immunizzati sono l'83%. Significa che chi non ha fatto l'iniezione ha 40 volte in più le probabilità di finire in terapia intensiva rispetto a un vaccinato. Aggiungo che tra i ricoverati No Vax ci sono molti 50-60enni, mentre gli intubati vaccinati sono tutti anziani con altre malattie. Se tutti i veneti fossero vaccinati non avrei più di tre persone in terapia intensiva a provincia. Bisognerebbe semplicemente spiegare alla gente che il virus diventerà endemico e chi vorrà dovrà farsi una vaccinazione di richiamo tutti gli anni, come con l'influenza».

Troppe voci ufficiali che parlano?

«E generano solo il caos. Io ho chiesto al governo da tempo di avere un unico speaker ufficiale al quale delegare l'informazione. Io nel mio piccolo l'ho fatto: più di cinquecento giorni consecutivi di conferenze stampa per aggiornare i miei concittadini veneti sull'evoluzione del virus, gli indirizzi della giunta e i comportamenti da tenere».

Anche il governo dei migliori ha le sue pecche, dunque...

«Durante la Seconda Guerra Mondiale, Churchil fece un governo di coalizione nazionale per andare in guerra contro il nazismo. Noi lo abbiamo fatto per la guerra al Covid. Era giusto e inevitabile».

E la Lega ha fatto bene a entrarci e ora a rimanerci?

«La Lega è un partito di governo anche quando non è al governo, grazie ai suoi governatori e ai suoi seicento sindaci. In una condizione di emergenza nazionale hai la responsabilità del governo se sei il primo partito in Italia. E poi, guardiamoci indietro, come eravamo messi un anno fa? Natale blindato. Quest'anno invece è salvo».

Il suo Veneto però ha il picco di contagi e sta per entrare in zona gialla...

«Non abbiamo il picco di contagi, semplicemente facciamo più tamponi degli altri, tracciamo meglio. C'è chi pesca con la canna, noi lo facciamo a strascico: è normale che alla fine ci troviamo con più pesce nella rete. Il nostro indice di positività sui tamponi fatti è 2,3%, sotto la media nazionale; l'Emilia-Romagna, da sempre considerata Regione virtuosa per antonomasia, è al 3,8%, le Marche sono al 7%. Però, grazie a vaccinazioni e restrizioni per i non immunizzati, il Veneto resta aperto. Il turismo da noi fattura 18 miliardi l'anno, il Green Pass non è 1 questione ideologica ma di sopravvivenza». 

 

 

 

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