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Matteo Bassetti, allarme-profughi dall'Ucraina: "Le due malattie da cui non sono coperti", che epidemie rischia l'Italia

Matteo Bassetti

Claudia Osmetti
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L'ha detto nei giorni scorsi e lo ribadisce convinto: «Ben vengano i profughi ucraini, ma si dovranno vaccinare». Matteo Bassetti, il direttore della clinica di Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, è uno che non ci gira attorno alle cose. Parla pane al pane. Ce ne siamo accorti in questi due anni, non foss' altro che ce l'ha spiegata senza mai nasconderci nulla, la pandemia che stiamo provando a buttarci alle spalle. Però, adesso, all'orizzonte c'è qualcosa in più. C'è la guerra in Europa. La guerra vera, fatta di i bombardamenti e di città assediate, di gente che scappa per salvarsi la pelle. «Un terzo della popolazione ucraina non si èvaccinato contro il coronavirus», dice nella sua lieve inflessione ligure, «però, se andiamo a vedere lo specifico di chi sta fuggendo, è anche peggio».

 

 

 

Dottor Bassetti, cosa significa?

«Il 33% degli ucraini non ha completato ilproprio ciclo vaccinale. Ma questa percentuale cresce se consideriamo solo le donne e i bambini. Cioè quelle persone che, al momento, possono fisicamente lasciare il loro Paese e cercare rifugio negli Stati europei».

È colpa di Sputnik? Mi perdoni la battuta, tra l'altro c'è proprio poco da ridere visto quel che sta succedendo a Kiev. Gli ucraini sono così anti-russi che non hanno voluto nemmeno le fiale da Mosca?

«Lo SputnikV (il vaccino russo, ndr) sicuramente non ha aiutato. Ma si trattata più che altro di un problema culturale».

Cioè?

«Non è una questione legata unicamente al Covid. Gli ucraini sono poco vaccinati anche perla poliomielite o per il morbillo. Il Sars-cov2 rappresenta solo la punta dell'iceberg».

Un attimo, ci arriviamo con calma. Perché dice "problema culturale"?

«Guardi, io sono stato tante volte in Ucraina. In passato, per lavoro. La loro propensione ai vaccini è la stessa che noi avevamo negli anni Settanta. Anche il loro sistema sanitario è fermo, rispetto ai nostri standard, a quegli anni. Ma se le ricorda le polemiche con le badanti, qualche mese fa?».

Quando è partita la campagna vaccinale italiana, intende?

«Già. Le badanti e, in generale, le persone dell'Est, erano più restie di altre a farsi vaccinare».

Vero. Però poi da noi le prenotazioni agli hub sono decollate...

«Certo. Tuttavia non è che in Ucraina mancasse, chessò, la logistica. Anche lì c'erano strutture preparate e risorse. Invece l'adesione è stata molto minore. E adesso apriticielo».

In che senso?

«Il miglior amico di una pandemia è la guerra».

Abbiamo fatto bingo, insomma. Cosa c'entrano la polio e il morbillo a cui accennava prima?

«Riguardano esattamente lo stesso discorso. Gli ucraini non sono vaccinati per queste due malattie, né per le altre di carattere infettivo, come lo siamo noi. Nel frangente in cui arrivano qui, questo può avere delle ricadute. Per il morbillo e la poliomielite gli italiani hanno una copertura vaccinale soddisfacente, non mi sembra il caso di rischiare un focolaio di un morbo che quasi non ci ricordiamo neanche più».

 

 

 

E per il coronavirus?

«Le ripeto, è uguale. Stiamo uscendo a fatica dalla quarta ondata, non possiamo permetterci una recrudescenza del virus. Neanche minima. Dobbiamo persino aggiungere che, purtroppo, la situazione è pure sottostimata».

Prego?

«In mezzo a un conflitto, di certo, non si può pretendere che gli ospedali si mettano a fare i tamponi di massa o il tracciamento dei contagi».

Questo è chiaro. Allora qual è la soluzione? Perché mica possiamo dire a chi scappa dai carri armati non-ti-vogliamo-perché-non-ci-hai-messo-il-braccio...

«No, però possiamo far valere per loro le stesse regole che valgono per noi. Chi entra in Italia entra a far parte di una comunità, che ha norme e obblighi...».

Come l'obbligo di green pass per i cinquantenni?

«Appunto. Continuiamo a discutere. Ma se vale per noi perché non dovrebbe valere per i rifugiati? Idem per i bimbi: i nostri devono farsi la punturina contro il morbillo per andare a scuola. La stessa legge, cioè la Legge Lorenzin, dovrebbe valere per i bimbi ucraini ospitati a Milano o Verona o Firenze».

E in tutto questo l'Europa? Gli Stati membri sono andati in ordine sparso prima, quando il nemico era il covid, figuriamoci adesso...

«L'Europa dovrebbe avere un atteggiamento univoco e procedere in maniera unitaria. I virus non si fermano alla dogana. Dopo il 2020 l'abbiamo capito tutti». 

 

 

 

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