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Epatite acuta, Giorgio Palù: "Adenovirus, la causa più probabile", l'inquietante teoria dell'esperto

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L'emergenza sanitaria per la pandemia da covid è finita, ma guai ad abbassare la guardia anche perché resta allarmante il numero dei morti che si continua a registrare ogni giorno: "È come se ogni giorno cadesse un aereo", puntualizza Giorgio Palù, professore emerito di Virologia all'Università di Padova, presidente dell'Aifa ed ex membro del Cts. Intervistato dalla Stampa. "Il Sars-Cov-2 resterà con noi a lungo con un andamento stagionale. Fino a ottobre nel nostro emisfero la situazione dovrebbe rimanere buona con ridotta incidenza di casi e bassa pressione sui servizi assistenziali. Poi, essendo il Covid-19 causato da un virus aereo, tornerà a preoccuparci".

 

 

Per questo è molto importante, per il prof, proseguire con la campagna vaccinale: "Dobbiamo avere fiducia nei vaccini attuali contro il Covid, che proteggono ancora molto bene verso la malattia grave, e sperare nella ricerca affinché produca per l'autunno dosi aggiornate e farmaci sempre più efficaci" ha detto Palù, sottolineando che "l'Ema ha ricordato che per l'intera popolazione bisogna puntare su vaccini aggiornati alle varianti e sottovarianti circolanti, oltre a cercare nel lungo periodo un vaccino polivalente contro tutti i coronavirus. Quando i primi saranno approvati, verranno valutati probabilmente a settembre, si potranno fare".

 

 

 

Quanto all'allarme per la nuova epatite il presidente dell'Aifa puntualizza che "per ora non ha avuto la diffusione che si temeva, nonostante abbia colpito soprattutto bambini sotto i cinque anni non vaccinati contro Sars-Cov-2". "La causa più probabile", per Palù, "è l'adenovirus umano F41, già associato a forme gastroenteriche". Molto più grave, secondo il professore l'antibiotico-resistenza. "Per l'Oms nel 2050 avremo più decessi per questa condizione patologica che per tumori", specifica il professore. "È chiaro che si fa un uso inappropriato di antibiotici, per cui vediamo resistenze nel 50-60% dei casi trattati verso farmaci chinolonici, beta-lattamici e macrolidi. L'industria farmaceutica dagli anni '90 non ha innovato a riguardo, perché è difficile trovare nuove molecole, i brevetti sono scaduti e gli antibiotici non sono remunerativi. Inoltre, questi ultimi vengono usati anche nella filiera alimentare di carne e pesce, senza contare che finiscono dispersi nell'ambiente e ci ritornano sotto varie forme".

 

 

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