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Ucraina, così la guerra mette a dura prova il fronte del Sud... italiano: cosa sta succedendo

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Gianluca Mazzini
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I numeri parlano chiaro. Gli effetti dei cento giorni di guerra cominciano a diventare sempre più insopportabili per gli italiani. Specialmente al sud. In attesa di capire che conseguenze pratiche avranno i sei (6!) pacchetti di sanzioni contro la Russia (a proposito notizie del default?) da noi si vedono i primi effetti boomerang. La situazione più critica in Sicilia dove si sta profilando la tempesta perfetta. La guerra in Ucraina presenta all'isola un conto più elevato rispetto al resto dell'Italia. Nel turismo si registra (in controtendenza) un calo dei flussi. Quest' anno mancheranno anche i 273 mila russi che nel 2019 hanno affollato le spiagge e le città siciliane. All'epoca rappresentavano quasi il 4% del totale degli stranieri, per una spesa pari a 25 milioni di euro.

 

 

 

Ma i danni all'economia dell'isola sono anche strutturali a causa dell'aumento di tutti i generi di consumo. In Sicilia i prodotti alimentari sono aumentati del 10,3% (in Italia del 7%), le spese per abbigliamento del 4,4% (la media è del 2,5%), per abitazioni, acqua, elettricità e gas la crescita è del 19,2% contro il 16% del resto del Paese. Penalizzati anche i trasporti con costi lievitati del 17,7%, due punti in più rispetto al dato nazionale. Ma è l'ultimo pacchetto di sanzioni alla Russia che mette alle corde l'economia siciliana. La decisione del Consiglio europeo di bloccare il commercio del petrolio russo ha decretato la fine della raffineria Isab-Lukoil di Priolo e con la sua chiusura inevitabile la crisi del porto di Augusta. La raffineria di Priolo impiega 3mila persone (quasi tutte famiglie monoreddito) e l'area industriale relativa vale il 51% del Pil della provincia siracusana. Parliamo di un'azienda di diritto italiano controllata dalla svizzera Litasco, a sua volta controllata dalla russa Lukaoil. La società italiana non è sottoposta a sanzioni ma la decisione dell'Ue di varare altre sanzioni ha innescato il blocco dei crediti bancari alla Isab. Il paradosso è che prima delle misure decise da Bruxelles la società importava solo il 15% del petrolio dalla Russia e il resto lo acquistava sul mercato internazionale. Ultimamente la Isab è stata costretta a rifornirsi al 100% di greggio da Mosca perché le banche russe sono le uniche che fanno credito.

 

 

 

Adesso stop. I sindacati chiedono al governo di intervenire sulle banche italiane per aprire subito linee di credito a Lukoil perché c'è il rischio che collassi l'intera area industriale con la perdita di 10mila posti di lavoro. Poco rassicuranti governative. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha fatto sapere che «segue con attenzione la situazione di Priolo ed è pronto a chiedere la dichiarazione di aria di crisi complessa». Tutto qua. Un'emergenza tira l'altra. L'effetto guerra si sta facendo sentire anche sul fronte immigrazione che vede, naturalmente, la Sicilia in prima linea. Il ministro Lamorgese si è detta preoccupata per il possibile (in realtà certo) aumento dei flussi migratori per via della crisi del grano. I siciliani lo sono di più. 

 

 

 

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