39 anni fa moriva Mario D'Aleo, capitano dei Carabinieri, trucidato per ordine di Riina e Brusca
Il silenzio, un sorriso, uno sguardo pieno di luce, e tutte le solitarie battaglie che ha portato avanti circondato da altri cuori solitari e coraggiosi, in un'Italia che mandava allo sbaraglio gli eroi contro la mafia, per poi dimenticarli e, anzi, insistere sul fatto che non vadano definiti tali. Oggi sono trascorsi 39 anni da quando Mario D'Aleo, capitano dei Carabinieri, é stato trucidato a Palemo, in via Scobar, per ordine di Riina e Brusca. Insieme a lui sono caduti l'appuntato Giuseppe Bommatito e il carabiniere Pietro Morici, che lo stavano accompagnando in macchina a casa della fidanzata. Non ho mai incontrato Mario, mentre lui lottava negli anni caldi in cui la mafia costruiva il suo "regno maledetto", io rincorrevo ancora nuvole e sogni, così come l'uomo che é diventato mio, suo nipote, nella tenerezza dei nostri 5 anni, non sapevamo che ci saremmo incontrati. Lui però, la sua storia, la sua famiglia, il suo sentire forte il senso di giustizia che mi é arrivato sempre forte attraverso lo sguardo sul mondo dell'uomo che amo, ciò che ha lasciato nei ricordi di chi lo ha conosciuto, mi é entrato dentro come il simbolo mancante che cercavo da tanto, e che il destino mi ha regalato. Per questa ragione sento il dovere di ricordarlo sempre, di sentire forte il diritto e il dovere di vivere una vita piena, di valori e ideali, in sua memoria e in memoria di tutte le altre persone che per un valore di tutti, hanno sacrificato la vita. Gli eroi vanno celebrati, raccontati, anche quando sono scomodi perché scatenano tanto perché. Tutte le vittime di mafia devono costringerci a chiederci "perché", e ancora oggi dovrebbero farci domandare perché non si é mai, e dico mai, voluto investire sul serio per estirparla dal nostro Paese. Ciao Mario, grazie per quello che sei stato, che hai donato, e per quanto ci hai insegnato.
Per Sempre Fedele.