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Riccione, orrore contro le sorelle e il padre: perché gli sciacalli li insultano

Claudia Osmetti
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È forse la beffa peggiore. Quella del destino che sa essere davvero crudele. Specie se poi si porta via due ragazzine come Giulia e Alessia Pisanu, le sorelline di quindici e sedici anni travolte da un Frecciarossa in transito alla stazione di Riccione, sulla Riviera romagnola, domenica mattina all'alba. Il telefono che suona, poco prima del disastro. Un papà in ansia che non le ha ancora viste rincasare dopo una serata in discoteca e che risponde, magari al primo squillo. Loro che lo rassicurano, che gli dicono che stanno per tornare, per prendere il treno. E poi, qualche minuto dopo, l'orrore. Il fischio del convoglio, i corpi che volano investiti dai vagoni, che vengono trascinati per settecento metri. È il giorno dopo, a Riccione. La città è sbigottita, come ti giri (al bar, per strada, in spiaggia) non si parla d'altro. La Polfer sta raccogliendo le testimonianze di chi ha visto o ha parlato con Giulia e Alessia prima di quel fatidico, maledetto, incidente. Viene fuori un ragazzo di 24 anni: è lui che le ha accompagnate in stazione, assieme a un amico.

 

 

 

INCONTRATO PER CASO

Le ha incontrate per caso fuori dalla disco Peter Pan. Uno strappo. I giovani sono spigliati, non si fanno troppi problemi. Giulia era un po' stanca (racconta), ma non era «fuori di sé», come invece aveva intuito il barista della stazione. Aveva lavorato tutto il giorno ed era andata a ballare, con la sorella con cui era legatissima. Facevano tutto assieme, si definivano «migliori amiche». Non era solo una questione di sangue, tra di loro. Però è Alessia, la più giovane, a domandare al 24enne il cellulare per fare quella telefonata, l'ultima, anche se lei non lo sa, a papà Vittorio. Il suo smartphone era scarico e quello di Giulia era stato rubato, assieme alla borsetta che (infatti) non aveva. Grazie a quella telefonata la Polfer riesce a rintracciare il ragazzo. Ma è la tristezza che si aggiunge alla tristezza, all'impotenza, allo strazio che lascia un vuoto (anzi, due) nella famiglia Pisanu dilaniata dalla sofferenza. Sono tutti al lavoro, a Riccione. Gli uomini della scientifica, la magistratura, la polizia ferroviaria e i carabinieri. Vogliono capire. Vogliono sapere che cosa sia davvero successo. Due mattine fa. Alle sette in punto. Un altra testimonianza, quella di Stefano, un ragazzo di 32 anni che ci va spesso in stazione a quell'ora e nei fine settimana: «Ho visto una ragazza seduta nei binari e l'altra che ha cercato di tirarla via». Qualcun altro conferma, le facce lunghe di chi non riuscirà più a togliersi l'immagine di dosso. Al macchinista a bordo del Frecciarossa pare che la ragazza sulle rotaie abbia il volto e lo sguardo fisso rivolto verso il treno. Quando la sorella capisce che non riuscirà a portarla via da lì, accenna a risalire sulla banchina. Ma è troppo tardi. Tutte ipotesi che dovranno trovare conferma nell'indagine ufficiale. «Ho sentito un botto, un'esplosione», continua Stefano, «come se una bomba. Sono stato male per tutto il giorno. Vedere due corpi sparire così è veramente agghiacciante».

 

 

 

COMMENTI IGNOBILI

Come lo è leggere la sfilza dei commenti che puntano il dito, attaccano, accusano una famiglia che sta vivendo la sua ora più buia. Lassù, a Madonna di Castenaso, in quella frazione di un paesotto bolognese che piange e che non si merita di essere travolto dalle polemiche. E quali polemiche, tra l'altro? Quelle dei social che non riescono a stare zitti neanche di fronte alla morte, agli incidenti, al dolore? «Crediamo sia il momento del silenzio», scrive su Facebook il Comune di Riccione, sospendendo i commenti ai post che riguardano Alessia e Giulia, «dobbiamo stringerci come comunità e essere vicini al dolore della famiglia e degli amici dopo questa immane tragedia». Amen.

 

 

 

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