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CalendEsercito 2023: i "partigiani con le stellette", l'esercito dimenticato

Marco Petrelli
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Mercoledì 27 settembre, nella Biblioteca Centrale dello Stato Maggiore Esercito, è stato presentato alla stampa il CalendEsercito 2023, dedicato alla vicenda del Corpo Italiano di Liberazione che combatté la Campagna d’Italia con gli Alleati. Circa duecentocinquanta mila uomini fra i quali nomi eccellenti: Curzio Malaparte (che narrerà l’esperienza di capitano del CIL ne La Pelle) ed il Conte Elia Rossi Passavanti, due volte Medaglia d’Oro al Valor Militare, legionario fiumano, deputato, Generale di Cavalleria e presidente dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria. 

“Partigiani con le stellette” come li definì Arrigo Petacco nel suo “Resistenza Tricolore”, saggio uscito qualche anno fa per i tipi di Mondadori. 

Quel Corpo Italiano di Liberazione raccoglieva infatti l’esperienza del tentativo, eroico quanto vano, di difendere Roma dall’attacco tedesco, l’indomani della proclamazione dell’Armistizio. Ogni esercito sconfitto sul campo o comunque impossibilitato a proseguire una guerra convenzionale, si ricostituisce operando dietro le linee: un’esperienza che gli Italiano avevano già sperimentato in Africa orientale con le bande irregolari spahis di Amedeo Guillet (il Comandante Diavolo) e di Renato Togni e che, nel secondo dopoguerra, avrebbe assunto il nome stay behind. 

Nelle stesse ore in cui il generale Calvi di Bergolo sottoscriveva la resa delle forze italiane a Roma, ufficiali e soldati si riunivano clandestinamente in bande (termine specificatamente militare, allora usato per designare la guerra irregolare) che continuavano la lotta con azioni di sabotaggio. Fra le prime quella dei “Sette Comuni” comandata dal colonnello del Servizio Informazioni Militare Vincenzo Toschi; la Banda Melis a Spoleto, guidata dal capitano dei Bersaglieri Ernesto Melis; la Banda Lupo, sotto l’egida di un sottotenente dei Lancieri di Montebello, Mario Lupo, operante a cavallo fra le province di Terni e di Rieti. 

Bande che facevano capo al Fronte Militare Clandestino, a sua volta in collegamento con il Comando Supremo di Brindisi ed il ricostituito Servizio Informazioni Militare. Fondatore del FMC il colonnello del Regio Esercito Giuseppe Lanza Cordero di Montezemolo, i cui slancio ed iniziativa furono modello per analoghe strutture organizzate da marinai, aviatori e carabinieri. 

Nel frattempo a Napoli Benedetto Croce e Raimondo Craveri discutevano con gli Alleati dell’opportunità di ricostituire reparti italiani da far combattere al fianco degli anglo-americani. Idea che non piacque subito, specie agli inglesi timorosi che il Regno del Sud potesse, un domani, rivendicare un qualunque ruolo dell’Italia nella sconfitta dell’Asse. 

Fu probabilmente questo il motivo che spingerà Washington e Londra a conferire alle truppe italiane del Regno del Sud il ruolo di co-belligeranti: combattiamo la stessa guerra, ma non avete gli stessi diritti degli altri alleati. 

Vincere la diffidenza, quando non l’aperta ostilità dell’ex nemico fu cosa altrettanto dura. Equipaggiamento di fortuna, alle volte italiano, altre volte consunto materiale britannico, il nucleo originare del futuro Corpo Italiano di Liberazione è il I Raggruppamento motorizzato, impiegato quando il 1943 non è ancora finito. A dicembre, infatti, sotto il comando del colonnello Dapino, i soldati del I (67º Rgt fanteria "Legnano", 51º Btg bersaglieri allievi ufficiali di complemento, dall'11º Rgt artiglieria, dal 5º Btg controcarro) sono impegnati nello sfondamento della Linea del Volturno insieme ai soldati statunitensi. Il 7 dicembre, in località Migliano di Monte Lungo, il primo scontro con i tedeschi: la battaglia impegna gli schieramenti per nove  giorni, causando alle forze nemiche oltre mille morti. Limitate quelle italiane, che ottengono la vittoria. La prima. 

La combattività mostrata dagli italiani induce gli Alleati a costituire il CIL, strutturato su Gruppi di Combattimento le cui unità di punta erano il succitato I motorizzato e la 183° Divisione paracadutisti “Nembo”, che alla data dell’Armistizio si trovava in Sardegna. Lo stemma, su fondo azzurro (colore sabaudo) ha al centro una croce ed Alberto da Giussano, che richiama la vittoria contro l’imperatore germanico Barbarossa a Legnano. 

Furono questi due reparti a contribuire, in modo determinante, allo sfondamento degli Alleati sulla dorsale adriatica; gli uomini del “Nembo”, in particolare, si copriranno di gloria nella battaglia di Filottrano (AN). 

Nuove vittorie e nuovi piani per quello che storici e collezionisti oggi chiamano “Esercito cobeligerante” ma che, al tempo, i comandi italiani continuavano a chiamare Regio Esercito. Il 24 settembre il CIL è ristrutturato nei Gruppi di combattimento (livello brigata), con organico maggiore e migliore equipaggiamento. Sono: il GC Friuli, il GC Legnano, il GC Folgore, il GC Cremona, il GC Mantova, il GC Piceno. I militari dei GC si battono con grande coraggio: il  Legnano ed il Folgore  ad esempio sono protagonisti della liberazione di intere città dell’Emilia e del Veneto. Il Folgore, peraltro, partecipa all’ Operazione Herring, di fatto primo (e ad oggi unico) lancio di paracadutisti italiani in zona di guerra nonché ultima operazione aviotrasportata della guerra. 

Nel ’44 però le forze partigiane non militari avevano assunto maggiore peso nella guerra di liberazione: le formazioni, espressione dei partiti dei governi Badoglio e Bonomi, acquistavano sempre maggiore autonomia organizzativa, ricevevano lanci e munizioni dagli Alleati e, talvolta, obbedivano più ai propri comandi che non al Comando supremo di Brindisi. 

Emersero, allora, due percezioni della Guerra di liberazione: quella dei militari, intesa come fedeltà al giuramento prestato al Re e volta alla liberazione della Patria; e quella delle realtà più politicizzate che, all’anelito di libertà per il Paese, cercavano di rivendicare il proprio ruolo nella guerra i tedeschi ed alla RSI. Un ruolo che avrebbe avuto certamente un peso nell’Italia del dopoguerra. 

E proprio questa diversità di veduta fu con ogni probabilità una delle cause dell’oblio che ha ammantato, per decenni, il sacrificio dei “partigiani con le stellette”.

Quanto agli Alleati, pur riconoscendo il valore dei militari italiani e l’importanza del loro supporto alla causa della Libertà, al Trattato di Pace del 1947 l’Italia sedeva fra le nazioni sconfitte: il sacrificio di quei soldati, co-belligeranti, non aveva cambiato le carte in tavola. L’apprezzamento c’era stato, mancò la clemenza per un Popolo battuto ma che aveva comunque provato a riscattarsi, davanti alla Storia ed al Mondo. 


Immagine allegata: aprile 1945, Operazione Herring. L'imbarco dei paracadutisti del "Nembo", Gruppo combattimento Folgore, che si lanceranno sulla linea del Po. Fonte: Wikipedia

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