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Pil, bollette e la mano dei signori del rating: la tempesta perfetta

Sandro Iacometti
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Tempesta perfetta. Termine un po' abusato ma che rende l'idea di quello che si sta per abbattere non solo sull'Italia, con buona pace di Giorgia Meloni, che si appresta ad andare a Palazzo Chigi in quella che lei stessa ha definito «la fase più difficile della storia della Repubblica», ma sul mondo intero. Ad annunciare senza mezzi termini che ci aspettano tempi difficili ci ha pensato ieri Kristalina Georgieva, capo del Fondo monetario internazionale, che descrive l'economia globale come «una nave in acque agitate». Dove per agitate bisogna intendere una specie di maremoto. Già, perché fra rischi di recessione e minacce alla stabilità finanziaria che «stanno aumentando» la Georgieva prevede una «massiccia battuta di arresto alla crescita» che potrebbe bruciare, di qui al 2026. Qualcosa come 4mila miliardi di ricchezza.

SPARISCE LA GERMANIA
Per essere sicuri che tutti capiscano la direttrice dell'Fmi ha voluto paragonare il colpo, tanto per restare un po' legata all'attualità, alla cancellazione dell'intera economia della Germania. Le nuove previsioni del Fondo arriveranno martedì, ma già da ora si sa che le stime del Pil mondiale verranno di nuovo abbassate (dopo tre tagli ora sono al 3,2% per il 2022 e al 2,9% per il 2023) perché la situazione «più probabilmente peggiorerà piuttosto che migliorare». Anche perché una delle priorità è far calare l'inflazione. Il che significa tassi più alti e niente manovre espansive, tanto più in deficit. «Mentre la politica monetaria spinge sul freno, non si dovrebbe avere una politica di bilancio che spinge sull'acceleratore», ha spiegato la Georgieva. In altre parole, per quanto possano crescere le difficoltà di imprese e famiglie bisognerà andarci piano anche con gli aiuti, altrimenti si torna al punto di partenza.

Che il pericolo maggiore sia rappresentato dall'aumento dei prezzi è opinione diffusa anche alla Bce. Ieri sono uscite le minute dell'ultima riunione e la sintesi è che i tassi di interesse, malgrado i due robusti aumenti di 0,50 e 0,75%, sono ancora lontani dal livello giusto per contenere le spinte inflazionistiche che, hanno avvertito i capi delle banche centrali Ue, non «si abbatteranno da sole». Traduzione: servono altri rialzi a raffica. La conseguenza, come ammettono gli stessi governatori, è che l'Europa potrebbe finire «in recessione piena». Il fattore che farebbe avverare la profezia è il taglio totale delle forniture da parte di Putin. Ipotesi che il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ritiene assai probabile. Per questo, ha avvertito, conviene iniziare subito i razionamenti, altrimenti nelle giornate di picco il prossimo inverno alcune aree del Paese potrebbero veramente restare a secco di gas per riscaldare le abitazioni. Cosa mai avvenuta, ha spiegato, «dal dopoguerra ad oggi».

TETTO IMPOSSIBILE
E il tetto al prezzo del gas? Per Tabarelli è non solo difficilmente realizzabile ma anche inutile. La sua convinzione è che dobbiamo metterci l'anima in pace: «La crisi dei prezzi non si risolverà entro il 2023, ci vorranno almeno tre anni». E come facciamo con le bollette alle stelle per i prossimi tre anni? «L'unica via possibile è quella del sostegno diretto dei governi a imprese e famiglie». Che è sostanzialmente quello che ha fatto finora Mario Draghi. Ma i soldi (66 miliardi) li ha utilizzati quasi tutti lui (avanzerebbero una decina di miliardi). Se la crescita si ferma, lo spazio di bilancio si chiude. E per l'Italia fare interventi in deficit (che tra l'altro è sconsigliato a tutti per via dell'inflazione) con un debito che viaggia verso il 150% del Pil significherebbe scatenare la reazione dei mercati finanziari. Moody' s e Fitch ci hanno già lanciato i primi avvertimenti: se non fate i bravi, arriva il declassamento del rating. Ovvero spread alle stelle e caos stile 2011. L'ultimo governo scelto dagli elettori, nel 2008, è caduto così. Tutto lascia pensare che ci proveranno pure con questo. 

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