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Disoccupazione giovanile, arginarla è prioritario

Roberto Formigoni
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Parliamo oggi di uno dei principali problemi che affliggono l'Italia, di cui il nuovo governo dovrà occuparsi con intelligenza, volontà e rapidità: i giovani. L'Italia ha toccato il fondo della classifica: è il paese in cui ci sono più NEET (ragazzi che non studiano e non lavorano) rispetto a tutti gli altri stati dell'UE. I NEET italiani sono oltre tre milioni, il 25,1% di tutti i giovani, contro il 10% della Germania e il 7% dei Paesi Bassi. La disoccupazione giovanile è al 23,1%. Ma vi è anche un altro dato che va considerato in accoppiata con questi: le aziende faticano a trovare il 40% delle figure professionali di cui hanno bisogno, la produzione quindi fatica e scende, e non poche aziende hanno dovuto chiudere.

 

 

 

Aggiungiamo che siamo in presenza di un mercato del lavoro in continuo mutamento, e con una velocità crescente che l'aggiornamento dei programmi scolastici non riesce a seguire. Il dialogo tra scuola e aziende è quindi sempre più necessario per fornire ai giovani una formazione in linea con le esigenze del mondo produttivo. Su questo abbiamo in Italia strumenti in grado di intervenire, ma la loro diffusione e utilizzazione è estremamente limitata. Mi riferisco in particolare all'apprendistato di Primo livello, agli IFTS e agli ITS, capaci di fornire ai diplomati un lavoro nell'area delle loro competenze entro al massimo un anno. Ma i giovani italiani iscritti a questi corsi sono solo 21mila, contro i 500mila francesi e i 700mila tedeschi. E la competitività delle imprese parte proprio da qui, dell'istruzione e dalla formazione dei giovani. Su questo punto grande è la responsabilità anche delle famiglie e della scuola, perché i giovani hanno bisogno di essere stimolati e guidati, soprattutto nella fase del diploma e post-diploma, in quanto è allora che si può scegliere di partecipare a un IFTS o a un apprendistato di Primo livello.

 

 

 

Occorre far conoscere ai giovani il mondo del lavoro, le possibilità e le prospettive anche durante gli studi, per orientarli in base alle attitudini e al mutamento i delle richieste di mercato. A chiederlo sono i più svegli degli stessi giovani: secondo una studio recente un maturando su due ha dichiarato proprio di temere di diventare un NEET e di non conoscere a quali strumenti attingere. Insomma non tutta la colpa è dei giovani, occorrono anche scuole e famiglie più attente. Altrettanto i giovani vanno abituati alla flessibilità, che è caratteristica fondamentale dell'attuale mercato del lavoro e che costituisce un approccio vincente in percorsi di carriera che non sono più lineari e standard come un tempo. Anche in questo campo è ora di darsi una mossa! 

 

 

 

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