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Messina Denaro, "poltrona per la chemio?": ospedale in rivolta

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Nessuna poltrona per la chemio di Matteo Messina Denaro, il boss preso a Palermo lo scorso 16 gennaio dopo trent'anni di latitanza. A quanto pare, il reparto di Oncologia dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila avrebbe rifiutato di consegnare al carcere in cui è detenuto il mafioso la poltrona per consentirgli di sottoporsi alla terapia contro il tumore. Un cortese ma fermo no, quindi, sarebbe arrivato dal personale. Lo riporta il Messaggero, dicendo che la notizia è stata "confermata da più fonti".

 

 

 

A fare la richiesta sarebbe stato un dirigente dell'azienda sanitaria locale, il quale avrebbe comunque assicurato una pronta “copertura” delle esigenze, già il giorno successivo, attraverso un acquisto. Pur rimanendo chiusi nel massimo riserbo, i vertici Asl avrebbero comunque fatto sapere che i malati non hanno subito alcuna “privazione”, né di servizi né di materiale. Tutto l’occorrente per l’allestimento della stanza-ambulatorio vicina alla cella di Messina Denaro sarebbe stato reperito fuori dalle necessità della normale attività. "L'allestimento dell'ambulatorio costituisce un modello virtuoso perché permette di evitare rischi e consente un ingente risparmio di risorse. Inoltre non è stato distolto nulla dall'assistenza normale": questo quanto sarebbe emerso da fonti sanitarie della Asl dell'Aquila.

 

 

 

Le stesse fonti, poi, avrebbero aggiunto: "Nessuno ha perso nulla, in pochi giorni è stato allestito lo spazio perché è la cosa più conveniente per lo Stato e la collettività. Infatti, trasferire Messina Denaro al San Salvatore avrebbe richiesto uno spiegamento di forze e misure di sicurezza senza precedenti. Matteo Messina Denaro è un cittadino italiano registrato come paziente nel nostro sistema sanitario e in quanto tale ha gli stessi diritti e doveri degli altri. I medici che lo stanno curando sono servitori dello Stato a cui è stato chiesto di prendersi cura di un paziente. Quindi stanno facendo il proprio dovere nel rispetto pieno del rapporto medico-paziente".

 

 

 

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