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Superenalotto, "per colpa di mia suocera...": che fine fanno 4 milioni di euro

Ignazio Stagno
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«Pronto, hai sentito?». «Cosa?». Silenzio, poi la risposta: «Due vincite da 1,1 milioni di euro al “Paradiso”, il bar dove vado sempre». La voce di mia suocera, quel 23 giugno 2018, ancora la ricordo. Ma lei quella schedina, quel sistema, non l’aveva giocato. E così, da genero premuroso, la invitai a prendere una sana abitudine: insieme al caffè, magari una schedina al Superenalotto sarebbe salutare. Atripalda, piccolo centro alle porte di Avellino, è come quei paesi del Sud dove si dice ci sia “una Chiesa e un bar per ogni strada”. Il “bar Paradiso”, per l’appunto, è quello dove mia suocera in tanti anni ha quasi preso residenza. A due passi dalla sua amata scuola, quella dove insegnava, rifugio da relax nella fase dolce della pensione. Proprio il bar dove giovedì scorso sono stati vinti ben 24 milioni di euro, suddivisi in 6 schedine fortunate, che fruttano 4 milioni per ogni giocatore.

Il “Paradiso” è dunque un pozzo di fortuna in via Appia, strada trafficatissima che collega la provincia ad Avellino e all’autostrada per Salerno. Il titolare è ancora incredulo per questa doppietta milionaria nello spazio di pochi anni: «La nostra attività è molto fortunata al Superenalotto- racconta Armando, titolare del bar- perché non è la prima volta che, attraverso la Bacheca dei Sistemi, viene centrato il 6. Pochi anni fa abbiamo venduto due quote che si sono rivelate vincenti e hanno regalato la bellezza di 1,1 milioni di euro. Ovviamente, il jackpot di oggi fa più scalpore perché si tratta del montepremi più alto al mondo». Consapevole di tutto ciò, avevo reiterato il consiglio a mia suocera: «5 euro su un sistemino buttaceli, sei lì tutti i giorni...». Fino a quando non è arrivata un’altra telefonata, proprio giovedì sera: «Hai sentito? Hanno vinto di nuovo al “Paradiso”». La voce di mia suocera questa volta tradiva un velo di imbarazzo. La mia risposta ha avuto i toni della rassegnazione, come di chi sa già il finale della storia: «E tu non hai comprato la schedina...». Silenzio. Gelo. Poi una risata: «Io faccio la giocata fessa, quella da due euro, il sistema non lo faccio. Non mi trovo, preferisco la semplicità, la fortuna se deve arrivare, arriva».

Riattacco sfiduciato e guardo quei corni rossi, souvenir tipici della Campania scaramantica, che puntualmente lei mi regala per le feste. Mi dice: «Sono Aspirine contro la sfiga». Mi fissano anche gli occhi della “bella ’mbriana”, la statuetta che allontana la mala sorte dalle case, e comincio a pensare che quegli amuleti, a cui mia suocera tiene tanto, in realtà allontanino anche la fortuna. Quella dritta del 2018 è stata ignorata per quella (falsa) convinzione statistica che la fortuna non bacia mai due volte lo stesso posto. Balle. Al bar “Paradiso” accade. Insomma, anni dopo il primo colpo fallito, la storia, ineluttabile, si ripete. Tra una tazzuliella ’e cafè e un pacco di slim, la maledetta sestina vincente è rimasta ben lontana dalle mani di mia suocera. Pensare che ascolta tutti i miei consigli: come consultare il cedolino Inps online, quale gestore scegliere per le utenze o magari se prendere questo o quel televisore. Su una sola cosa non mi ha dato retta: prendere una schedina-sistema del Superenalotto in quel maledetto bar. Me la immagino lì, alla finestra, che guarda qualche bosco dell’Irpinia, mentre con un ghigno sfumacchia una sigaretta pensando a quel “generaccio” (così mi chiama, con affetto) che anche solo per un secondo ha pensato di avere in famiglia una milionaria. Come si dice in questi casi? «Sarà per la prossima volta». Mai. 

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