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Fiat, il ritorno della Topolino: come sarà la nuova auto

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Giordano Tedoldi
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La Fiat ha annunciato la rinascita della leggendaria “Topolino”, la prima utilitaria degli italiani, richiesta espressamente da Benito Mussolini, nel 1930, al riluttante senatore Giovanni Agnelli (il nonno di Gianni) e, dopo varie vicissitudini e il licenziamento in tronco del primo progettista, Oreste Lardone (durante il primo collaudo la macchina prese fuoco) messa in commercio nelgiugno del 1936 conil nome ufficiale di “Fiat 500”, ma subito ribattezzata da tutti “Topolino”, a lire 8.900.

 

 

 

L’idea di una macchina economica - anche seil prezzo d’acquisto preteso da Mussolini, 5.000 lire, non fu sostenibile pe rla casa torinese – fu copiata da Hitler che, convocato l’omologo tedesco di Agnelli, cioè l’ingegner Ferdinand Porsche, gli chiese di creare un’auto per il popolo tedesco, e nacque il maggiolino Volkswagen. Il maggiolino, dal 1938, ha avuto varie reincarnazioni (l’ultima proprio brutta) e così anche la Fiat 500, se con tale denominazione si intende la “Nuova 500”, varata nel 1957, e che per l’appunto prese il posto della “Topolino”, uscita di produzione due anni prima. Ora dunque, con un salto all’indietro di quasi settant’anni, Fiat decide di riproporre quel glorioso nome, che evoca subito un’Italia in bianco e nero, quella dei film del neorealismo, dei racconti diAlberto Savinio (che possedeva una Topolino e narrava volentieri le tragicomiche scampagnate a bordo dell’utilitaria) ma, ovviamente, aggiornandolo ai tempi “green”, e dunque proponendo una minivettura (“quadriciclo”, lo definiscono alcuni siti di automobili) completamente elettrica di 2,40 metri di lunghezza per 1,40 di larghezza, sull’esempio della “Ami” della Citroën che, del resto, come la Fiat, fa parte della stessa holding, Stellantis, e così anche l’altra minicar tedesca, la Opel “Rocks-e”.

Tuttavia, la “Topolino” dovrebbe avere un tocco un po’ più raffinato e, per così dire, sbarazzino delle sorelline francesi e tedesche: ci dovrebbe essere anche una versione “vacanziera” con il tettuccio in tela apribile e, al posto delle portiere, un cordoncino – “Quattroruote” scrive che “fa il verso alle spiaggine” -, mentre la meccanica è composta da un motore elettrico singolo da 6 kW/8 CV, alimentato da una batteria da 5,5 kWh di capacità. L’autonomia dovrebbe essere non di troppo inferiore ai 70 chilometri dichiarati per la Citroën Ami, e il motore consentire una velocità massima di 45 km/h, non molta, ma utile a omologare la “Topolino” elettrica come quadriciclo, e dunque alla guida con patentino a partire da 14 anni, il che allarga non di poco la platea dei potenziali acquirenti.

Piccoli tocchi sono deliberatamente ripresi dalla Topolino originaria, come i piccoli specchietti retrovisori completamente circolari, ma sostanzialmente si tratta, com’è inevitabile visto l’enorme divario tecnico tra le due incarnazioni, solo di aspetti estetici e cosmetici di sapore vintage. La nuova “Topolino” è decisamente un altro mezzo: è come se la “Ami” di Citroën fosse stata rivista da un bravo modificatore-carrozziere con officina nella Costiera Amalfitana, e anche il periodo in cui plausibilmente verrà messa in vendita, la prossima estate, va in quel senso.

 

 

 

Avrà successo? Non l’avrà? Asteniamoci da profezie positive o negative. Le opzioni disponibili, oggi, ai produttori di automobili, sono quantomai ristrette: l’imperativo ecologico dell’alimentazione completamente elettrica, conciliare il concetto antico della citycar (la prima Topolino lo era) con le pretese di un prodotto elegante, affidabile e attuale e, nel caso dei marchi storici come Fiat, cercare di non farsi assorbire dalla perdita d’identità conseguente alle bulimiche fusioni nelle grandi holding, ma attingere, anche con qualche cedimento passatistico, ai grandi classici del passato, riproponendoli in versioni più o meno riuscite.

«Ciò che è nuovo non è buono», diceva nel suo ultimo film un grande appassionato di automobili e di corse, Steve McQueen. In fondo è un po’ questa l’impressione che ci dà vedere riapparire dai flutti del secolo scorso – della prima metà del secolo scorso! – perfino la “Topolino”, sebbene, in questa nuova veste elettrificata e compattata. Non perché non sarà una buona automobile, ma perché sembra confermare certe idee, o forse pregiudizi (e non è detto siano ingiustificati) dell’appassionato, che considera che l’epoca d’oro dell’automobile, in Italia, sia tramontata molti decenni fa, e ora non possa che andare avanti con le autocitazioni. 

 

 

 

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