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Boheme "comunista", Alberto Veronesi bendato: sinistra umiliata

Luca Beatrice
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«Non volevo destare alcuno scalpore; d’altra parte, ho ricevuto diffide a riportare qualsiasi commento pubblico su questa versione della Bohème con un atteggiamento questo sì censurabile. Di fronte alla scelta registica dallo stile sovietico, molto diversa rispetto a quella accordata, ho deciso di calarmi sugli occhi una fascia e ho cominciato a dirigere l’orchestra bendato senza dire una sola parola. Poiché non gradivo scene e interpretazioni, mi sono limitato a considerare la parte musicale».

Così il Maestro Alberto Veronesi spiega la scelta che sta facendo molto discutere, incline con un personaggio che non risparmia mai sorprese anche nella politica, e dopo aver militato a lungo a sinistra ed essendosi schierato a Milano con il sindaco Sala, nelle ultime Regionali ha scelto di candidarsi con Fratelli d’Italia. Con un coup de theatre degno dei migliori performer - chi ama l’arte contemporanea avrà riconosciuto una certa familiarità con le azioni dell’americano James Lee Byars che si presentava davanti al pubblico, simbolicamente, con gli occhi bendati per sottolineare l’importanza degli altri sensi - ha deciso ugualmente di dirigere la Bohème all’inaugurazione del 69° Festival Pucciniano di Torre del Lago, protestando così con un gesto silenzioso ma efficace contro la discutibile regia sensazionalistica del francese Christophe Gayral e le scenografie di Christophe Ouvrad.

Seguendo la linea di quei metteurs en-scène che considerano il testo come un pretesto e tendono ad attualizzare ambientazioni e costumi per sottrarre l’opera dal gusto originario ottocentesco e portarla verso il presente, Gayral ha scelto il ’68 come sfondo, gli anni della contestazione e dell’ideologia politica, presentando Mimì in minigonna e reggiseno, con più di un’allusione sessuale anche se non marcata rispetto ad altre edizioni. Vittorio Sgarbi aveva consigliato Veronesi di rifiutare la direzione, il Maestro invece ha preferito esserci, adottando però una propria forma di protesta, civile e corretta.

 

IDEOLOGIA SUL PALCO

«Ho deciso così all’ultimo, senza dire niente a nessuno ed ero molto tranquillo» conferma Veronesi che precisa, sorridendo: «All’inizio ero in difficoltà, poi la musica è venuta da sé». Quindi le contestazioni, i fischi dalla platea, gli insulti cui senz’altro si sono aggiunti il regista e lo scenografo. Da parte sua, nessun desiderio di polemica politica, «avevo chiesto che Puccini non fosse utilizzato in chiave di propaganda. La regia deve avere la funzione di approfondire lo spessore di alcuni passaggi dell’opera, di farci capire meglio il perché di alcune decisioni psichiche ed emotive che muovono il comportamento dei personaggi». Compito assolutamente tradito da regie “spettacolari”, che puntano sugli effetti speciali, il depistaggio, lo scandalo, l’esagerazione. I nostri teatri, dalla lirica alla prosa, ne sono pieni, talvolta funzionano grazie a spettacolari macchine sceniche, altre volte meno se il testo non si incastra in un tentativo di nuova narrazione. In sé non sarebbe male che un’opera di 150 anni fa riuscisse ancora a farsi rappresentare come cosa viva, ciò che funziona di meno è la gratuità di certe scelte che, non casualmente, arrivano a fagiolo in momenti particolari. Insomma, la Bohème sessantottarda ha destato più di un sospetto. «Ho trovato una disgustosa strumentalizzazione ideologico-propagandistica nell’utilizzo di un testo che non c’entra nulla, davvero una scelta fuori luogo».

 

CULTURA DISTORTA

Particolarmente criticato il finale. Con Mimì ormai morta, Rodolfo porta a Musetta un cartello politico con un pugno chiuso. Che c’entra questo con Puccini, nell’anno delle celebrazioni per il centesimo anniversario della morte? «Questo uso distorto della cultura continua un combattivo Veronesi - è peggio degli atti vandalici contro le opere d’arte dei militanti di Next Generation che possono essere fermati, arrestati e condannati a pagare una multa salata. Nei confronti della Bohème si è consumato uno stupro, con la differenza che al regista e allo scenografo i soldi non sono stati tolti ma elargiti, il cachet deriva da denaro pubblico e questa è davvero un’assurdità». Il 29 luglio è attesa la prossima replica. Veronesi dirigerà ancora bendato? «Sicuramente, a meno che non vi sia un segnale da parte di Gayral, la volontà di cambiare qualcosa nella regia e di renderla meno politicizzata, meno divisiva e più fedele al testo originale».

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