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Gli orientali vennero in Puglia nel 200 d.c.

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A quell'epoca i rapporti fra abitanti di paesi stranieri erano più vivi che mai

francesca Belotti
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Suona strano pensare che centinaia di anni fa genti provenienti da mondi tanto lontani potessero venire in contatto fra loro. E invece un ritrovamento avvenuto in Puglia prova che anche nell'antichità i rapporti fra abitanti di paesi stranieri erano più vivi che mai. I resti di un orientale, risalenti al 200 d.C., sono stati, infatti, trovati in una necropoli di Vagnari, un centro a dodici chilometri da Gravina, nel barese. Le analisi del Dna mitocondriale e della distribuzione dei diversi isotopi dell'ossigeno, effettuati da scienziati canadesi della McMaster University, parlano di uno scheletro appartenuto a un uomo di origine cinese o mongola. Non era, però, una persona importante, ma un comune lavoratore, forse addirittura uno schiavo: nella sua tomba è stata rinvenuta una pentola, per assicurargli il viaggio nell'aldilà, ma null'altro che possa far pensare a una personalità di un certo rango. Su questo aspetto gli scienziati si soffermano, dicendo che i lunghi spostamenti erano una prerogativa degli uomini importanti, ambasciatori o dignitari, ma non delle persone comuni. Il ritrovamento dell'uomo di Vagnari prova, dunque, che le relazioni fra occidente e oriente cominciarono molto prima di quanto si sospettasse. Raoul McLaughlin, della Queen's University, dice che questa è una delle poche prove a favore delle antiche relazioni fra romani e cinesi. E ipotizza l'origine dell'uomo di Vagnari. Forse era figlio di una concubina offerta alla corte romana da qualche re asiatico o un rappresentante dei Seri, etnia che lasciò per breve tempo la Cina per far visita all'imperatore Augusto. La ricerca pubblicata sul 'Journal of Roman Archeology' rivela che il 20% degli scheletri rinvenuti nelle tombe di Vagnari era straniero. La necropoli di Vagnari è stata scoperta nel 2002, e finora ha dato alla luce i resti di 70 persone vissute 2mila anni fa. Gianluca Grossi

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