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Dux, clamoroso sui monti a Chieti: la sinistra impazzisce

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Claudia Osmetti
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«Perla seconda volta il sindaco ha deciso di fare riemergere la scritta “Dux”, impressa sulla roccia dalla propaganda fascista, a Villa Santa Maria, nel Sangro dei patrioti della Brigata Majella, a uno sguardo dal loro sacrario». È una denuncia fotocopia: nel senso che a farla è sempre lo stesso (l’esponente di Italia Viva Camillo D’Alessandro), a riceverla idem (il civico Giuseppe Finamore) e il nodo del contendere pure (il “riemergere” di quelle tre lettere, “Dux”, Duce, sulla parete di roccia, a caratteri cubitali, quattro metri d’altezza, in calce bianca, scritte, a suo tempo, correva l’anno 1940, in epoca fascista).

 

 

Sì, perché la polemica era già scoppiata, identica, nel 2019: ed era finita anche in parlamento visto che, all’epoca, D’Alessandro faceva il deputato alla Camera. Questa volta il renziano usa la sua pagina Facebook, ma i toni sono gli stessi: pubblica, sul suo profilo, un video di una ventina di secondi, in cui si vedono due operai, imbragati, col caschetto in testa, uno zainetto nero e uno blu, intenti a “spazzare” quelle lettere in stampatello maiuscolo.

«Quando ero parlamentare», dice, «sollevai il caso, se ne occupò la stampa. Il tempo e il disonore hanno cancellato quella scritta, ora il sindaco la fa riemergere perla seconda volta. Non vorrei che, per farlo, siano addirittura stati impiegati fondi pubblici. Libero (in sindaco, ndr) di farlo proprio perché non c’è più un “Dux” che domina oramai solo sulla pietra. Ma la domanda è: perché? Può darsi che non ci si renda conto che quel nome, proprio nel Sangro, proprio anche a Villa Santa Maria, ha rappresentato dittatura, morte, dolore e fame? Quando si normalizza la vergogna che è stata, la vergogna continua a vivere».

 

 

«Ho ricevuto il video sui lavori di “restauro”», continua D’Alessandro, che mostrano gli addetti «al lavoro sul costone, mentre lo ripuliscono dai licheni che occultavano il tutto. Non so chi abbia pagato, ma di fatto questi lavori, come minimo, sono stati chiesti o autorizzati dal Comune. Ovviamente le autorità preposte controlleranno se quei lavori sono stati fatti in sicurezza e sulla base di quale processo decisionale. Indipendentemente da soldi, però, c’è una decisione pubblica. E questo è il punto. Ora vedremo se è anche nella spesa pubblica».

A supportare le parole dell’esponente del partito di Matteo Renzi è l’Anpi, l’associazione dei partigiani. Quattro anni fa, quando la discussione era nata, papale palale, negli stessi termini e con le stesse modalità, il primo cittadino Finamone si era difeso asserendo che «quell’incisione è sempre stata lì. A fine anni Novanta era stata scoperta dalla polvere dei lavori di messa in sicurezza del costone, costati tre miliardi e mezzo di lire, ma le piogge acide l’avevano già in parte ripulita. Noi abbiamo un progetto di valorizzazione turistica per realizzare 52 vie di risalita per arrampicata su quella parete: dovevano essere ripuliti i cespugli, i rami ed è stata ripulita anche la scritta. Se serve da attrattiva per fare venire gente nel mio paese (che fa poco più di 1.100 abitanti, ndr) va benissimo». Parole che sembrano riecheggiare quelle di oggi: «Stiamo completando i lavori dei percorsi di arrampicata e abbiamo deciso di far ripulire la scritta. Non c’è alcun intento nostalgico». 

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