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Antimafia, il sospetto: la centrale di "dossieraggio" contro politici e manager

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L'ombra di uno scandalo, potenzialmente enorme, all'interno della Direzione nazionale antimafia, dove potrebbe aver trovato diritto di cittadinanza una potenziale centrale di dossieraggio abusivo. Una sorta di corpo carbonaro che nel corso degli ultimi anni avrebbe approfondito transazioni finanziarie e movimenti bancari di molti personaggi famosi. In primis politici, giornalisti e capitani d'industria.

Questo è ciò su cui, rivela Repubblica, starebbe lavorando da mesi la procura di Perugia. Per ovvie ragioni, si tratta di un'indagine scottante, delicatissima, seguita dal procuratore capo, Raffaele Cantone. Una vicenda che potrebbe presto trasformarsi in uno scandalo nazionale.

L'ipotesi di reato è quella di accesso abusivo a sistemi informatici. Il primo scritto nel registro degli indagati è un maresciallo delle Fiamme Gialle, a lungo al servizio della Direzione nazionale antimafia (Dna). Il sospetto degli inquirenti è che dal sistema informatico interno siano stati scaricati atti riservati senza autorizzazioni, nel dettaglio le transazioni anomale che banche ed operatori finanziari hanno il dovere di comunicare per approfondimenti a Bankitalia.

I primi sospetti sorgono nel 2020, quando sui quotidiani vengono diffuse informazioni su Matteo Renzi, Giuseppe Conte e Rocco Casalino che titillarono più di un dubbio. Si tratta delle cosiddette Sos (Segnalazioni di operazioni sospette, ndr), da trattare con assoluta cautela perché, come detto, contengono informazioni riservate e che non costituiscono in sé reato. Esempio pratico: bonifici dall'estero, peculiari scambi di denaro. Insomma, quei documenti sulle pagine dei giornali non avevano alcuna ragione di esserci. E così è scattato l'allarme al vertice della GdF e al ministero dell'Economia.

Un punto di svolta in questa vicenda arriva lo scorso ottobre, con la querela presentata dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, alla procura di Roma: "A seguito della pubblicazione di miei dati personali e non pubblici, accessibili solo da parte di persone autorizzate, ho deciso di sporgere una querela alla procura di Roma per capire come fossero stati recuperati", spiega interpellato sempre da Repubblica.

In seguito alla denuncia, gli accertamenti della pm Antonia Giammaria, che trova alcuni riscontri: un finanziere in servizio al Dna, a ridosso della pubblicazione degli articoli, avrebbe in effetti fatto delle ricerche proprio su Crosetto. Il militare da par suo ha negato ogni addebito, spiegando di aver effettuato le ricerche, le quali però nel suo ufficio erano abituali per ragioni di servizio. E in effetti è risultata una ricostruzione dei fatti veritiera, quella del militare: gli inquirenti hanno scoperto che sui giornali sono state pubblicate soltanto alcuno delle numerosissime interrogazioni alla banca dati che risultavano dai dati di accesso digitali registrati alla Direzione nazionale antimafia. Ricerche - questo il punto più inquietante - non giustificate da alcuna richiesta ufficiale: non vi erano indagini che suggerivano il download di quelle Sos. Allora perché venivano scaricate e diffuse? Ovvio il sospetto: per attività di dossieraggio.

In seguito a questi fatti, il nuovo capo della Dna, Giovanni Melillo, ha cambiato le procedure d'accesso al database, mettendo alla guida del dipartimento tre sostituti. Ma il caso resta aperto. Anzi, si è appena aperto. E le prossime scoperte, così come le conseguenze di queste ultime, potrebbero essere deflagranti.

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