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Domenico Scarcella, lo sfogo dell'85enne: "Indagato per aver sparato? Cosa farò la prossima volta"

Serenella Bettin
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I rapinatori in camera da letto. La paura che ti paralizza. Quegli attimi di terrore in cui non sai se ne uscirai vivo e lui che prende la pistola e spara. Domenico Scarcella ha 85 anni. In paese tutti lo conoscono come Mimmo. Una persona pacata, tranquilla. Un ex maresciallo della Guardia di Finanza che ora è in pensione. Sabato scorso, nella sua villetta in via Longuelo a Bergamo in cui vive con la moglie, si è trovato a tu per tu con i banditi in camera da letto. Due albanesi, di 26 e 27 anni, che hanno fatto irruzione nella sua abitazione, una villetta a schiera su due piani, entrando dalla portafinestra sul retro, forzata con un piede di porco.

Erano all’incirca le nove e mezza di sera. Domenico è lì, che dorme sul letto. La moglie è al piano di sotto che sta leggendo. All’improvviso, come a svegliarsi dal più grande incubo, Domenico si trova i banditi in camera. E dinanzi a quel pericolo sempre più incombente, prende la pistola, una revolver calibro 38, regolarmente detenuta, e spara un colpo in aria. Il proiettile rimbalza accanto al soffitto e colpisce di striscio il collo di uno dei due banditi, quello di 27 anni. Dinanzi a quello sparo, la moglie chiama i carabinieri. L’albanese ferito scappa e chiama il 118. Soccorso dai sanitari del Suem, viene portato per alcuni accertamenti all’ospedale Papa Giovanni XXIII. Non versa in gravi condizioni e viene arrestato per rapina aggravata. Nel frattempo, la polizia si mette sulle tracce anche del secondo delinquente. Lo rintraccia domenica mattina, in un appartamento. Ha 26 anni. Senza fissa dimora, con a carico vari precedenti. In più, era stato espulso tre anni fa. L’ex finanziere ora è indagato per lesioni.

 

 

 

Domenico, come sta?
«Eh, non ne posso più. Sono quattro giorni che non dormo. Basta. Vivo in uno stato d’ansia e questo bruttissimo episodio mi ha lasciato il segno. Poi a parlare di queste cose ancora mi innervosisco. Sentire e vedere ancora tutte quelle immagini, mi dà fastidio. Mi capisce?».

Se la sente di parlare?
«Ma sì, scusi se appaio un po’ nervoso».

Non si preoccupi. Cosa è accaduto sabato sera?
«Ero in camera da letto che dormivo. In verità alle 20.45 sono andato a letto per vedere la partita Lazio Verona ma ero troppo stanco e ho preso sonno».

Poi?
«Improvvisamente mi sono trovato davanti questi due energumeni. Mi hanno svegliato».

Com’erano?
«Incappucciati, col passamontagna, vestiti di nero... era buio. Uno dei due aveva qualcosa in mano. Mi fa male ripercorre certe cose».

Con calma. E questi che hanno fatto?
«Avevano già frugato nei cassetti dove tengo gli assegni. Hanno iniziato a dirmi: soldi soldi soldi».

E lei glieli ha dati?
«Sì, ce li avevo nel borsello. Loro avevano già il borsello in mano. Gli ho detto: i soldi sono lì, cosa volete ancora?».

Quanti soldi erano?
«Nel borsello c’erano alcune centinaia di euro, oltre che i documenti».

E poi?
«Poi visto che le cose volgevano alpeggio, loro continuavano a insistere e a strattonarmi, era buio, non sapevo che fare, cerchi di capire... loro hanno cominciato a essere violenti e così ho preso la pistola e ho sparato».

Quanti colpi ha sparato?
«Uno. Ma l’ho fatto per difendermi, mi creda. L’ho fatto per legittima difesa».

Dopo cosa è successo?
«Loro son fuggiti. Stop. Appena ho sparato loro sono scappati. Ho difeso me stesso, mia moglie, i miei cari, la mia proprietà. Un’arma va usata in casi estremi e quello era un caso estremo».

Cos’ha pensato in quel momento?
«Mi sono passati in testa mille pensieri mi creda. Mille. Sono brutte esperienze che ti lasciano il segno. Ho pensato prima di tutto al mio nipotino che in genere al sabato viene a trovarci».

Era lì con lei?
«Se ci fosse stato ne avrei sparati cinque di colpi. Mi chiedevo: come avrei reagito? Avrei sparato? Ma in quel momento ho temuto per mia moglie. E ho detto: e se la massacrano di botte? Così ho pensato: sono qui e devo difendermi da questa situazione, ho preso la pistola e ho sparato».

Lei aveva la pistola sotto il cuscino?
«Sì».

Come mai?
«Perché in passato ho già subìto altre rapine. E ho paura. Sono stato minacciato di morte diverse volte per il mio lavoro. Per me l’arma è un deterrente, non ho mai pensato di fare del male a qualcuno. Ma la paura dopo aver vissuto certe situazioni è inevitabile. Ma non sono un delinquente, io mi sono difeso. E poi non li ho mirati, se avessi voluto, li avrei presi. Erano a circa ottanta centimetri di distanza da me».

 

 

 

Lei ha sparato in aria?
«Sì, per intimidirli, per farli scappare. Non ho mirato ai ladri. Avevo detto loro dove erano i soldi, ma loro insistevano e non se ne andavano».

Ora è indagato per lesioni.
«Sì».

Sparerebbe ancora?
«Ma non lo so... guardi... dovrei chiedere prima permesso all’ avvocato, lei che dice... chiamarlo in quel frangente magari. Bisognerebbe far così».

Eh. Siamo presi così.
«O chiedere il permesso ai ladri. Uno si trova i rapinatori in camera e dovrebbe chiedere: “Scusi posso sparare?”». 

 

 

 

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