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Matteo Salvini, la citofonata? "83 anni di carcere, il tempo è galantuomo"

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"Il tempo è galantuomo. Matteo Salvini aveva ragione". Le motivazioni della sentenza che ha visto condannata la famiglia oggetto della famosa citofonata del leader della Lega nel quartiere del Pilastro di Bologna durante la campagna elettorale per le Regionali in Emilia, fanno esultare Matteo Di Benedetto, capogruppo della Lega di Bologna. Il processo per il commercio illegale di sostanze stupefacenti aveva portato nel maggio scorso a 21 condanne per 83 anni di carcere per i membri di una famiglia origini tunisine e residente a Bologna a cui Matteo Salvini citofonò nel 2020, chiedendo se ci fosse uno spacciatore in casa.  Il Gup Sandro Pecorella aveva condannato a due anni, sei mesi e venti giorni un tunisino, un anno per la moglie, quattro anni sei mesi e venti giorni per un figlio, tre mesi e dieci giorni per un'altra parente, mentre un altro figlio era minorenne all'epoca.

L'indagine dei pm Roberto Ceroni e Marco Imperato partì dall'omicidio di Nicola Rinaldi, ucciso nell'agosto 2019 in via Frati: alcuni suoi familiari sono stati coinvolti nell'inchiesta. Secondo l'accusa l'associazione era composta da sette persone più il minore: pianificavano gli acquisti di cocaina e hascish, cercavano nuovi fornitori e i locali dove stoccare la droga che poi rivendevano sulla piazza locale.

"Un vero e proprio clan del narcotraffico", puntualizza Di Benedetto. "Ricordo ancora le accuse nei confronti di Matteo e le manifestazioni della sinistra in solidarietà a quelli che oggi sono condannati. Aveva ragione Salvini, ora la sinistra chieda scusa e si impegni seriamente nella lotta alla droga, che vede ormai Bologna come una delle principali capitali dello spaccio", ha concluso il capogruppo del Carroccio. 

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