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Il vero atto politico? La famiglia tradizionale: come convincere i giovani

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Luca Beatrice
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I dati sul calo della natalità in Italia sono impietosi. Stando alle fonti, nel 2008 erano 577mila le nascite, nel 2022 siamo scesi a 393mila. È dunque evidente il rischio di una riduzione drastica della nostra popolazione in tempi piuttosto brevi, il fenomeno è assolutamente preoccupante e non c’è una ricetta per invertire la tendenza. Bisogna porre rimedio, lo sa chi ci governa, dallo stato ai sindaci, indipendentemente dal colore della casacca. I figli, normalmente, nascono nel nucleo familiare tradizionale, certo esistono altre possibilità ma di fatto questa è la prassi. Oggi mettere al mondo dei bambini è il vero e autentico atto politico da parte di persone che pensano al futuro e non solo al proprio benessere immediato. Andrebbero aiutate, supportate, quantomeno incoraggiate per evitare il rischio di un ridimensionamento drastico nonché irreversibile.

Questa la prima emergenza, invece la propaganda vuol far crederci altro, che le priorità siano i diritti lgtb, le maternità surrogate, le coppie omogenitoriali. Da non trascurare certo, ma solo dopo aver affrontato il problema vero, quello della carenza di nuovi nati, frutto dell’unione tra un uomo e una donna. Sabato scorso, ai funerali di Michela Murgia, è andata in scena una parte del Paese, che poco ci piace, in cui prevalgono interessi personali, stranezze comportamentali, eccezioni invece di regole. A prenderli uno a uno, gli autonominatisi esponenti della classe intellettuale italiana quasi non si riproducono per non incorrere in una visione troppo tradizionale.

Sono rarissimi quelli che svolgono normalmente il ruolo di padre e di madre, a loro interessa più il cavillo giudiziario per un’adozione piuttosto che percorrere la via più semplice, quella dell’amore familiare. Troppo impegnati in dichiarazioni ideologiche, ossessionati dall’ingiustizia e pronti a condannare la famiglia come forma reazionaria e borghese, scrittori, attivisti, segretarie di partito, cantanti, ex cortigiane hanno sfilato davanti a una bara come fossero stati al Gay Pride, come se la vita fosse un eterno carnevale e anche una cerimonia funebre diventasse l’occasione non per commemorare il defunto ma per far politica e attaccare chi non la pensa come loro. Qualche settimana fa Murgia sposò un ragazzo con cui ha avuto un rapporto di grande amicizia ma del tutto platonico.

Ma il matrimonio non si fonda forse su passione e reciproca attrazione? La nuova immagine, quella della famiglia queer, altro non è che una variante della comune anni ‘60, davvero niente di nuovo sotto il sole, eppure secondo i media sarebbero queste le conquiste sociali da inseguire, non il futuro di un Paese che ha bisogno di svecchiarsi e di garantire un futuro a chi verrà dopo di noi. Vogliamo fare un vero atto politico? Ristabiliamo equilibrio, cerchiamo di convincere le giovani coppie a fare figli, mettiamo loro al centro del progetto familiare. Forse un uomo, una donna, un bambino, non fanno più notizia? Impensabile contare sugli intellettuali convenuti alle esequie, ecco perché lo scollamento tra loro e il paese reale sarà sempre più profondo e irreversibile. 

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