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Sea Watch, sequestrata l'imbarcazione: "Legge non rispettata", ora rischia grosso

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Aurora, l’assetto veloce di Sea Watch, è finita sotto sequestro dopo aver fatto sbarcare 72 migranti a Lampedusa e non a Trapani, che era il porto assegnato all’imbarcazione. L’ong non ha quindi rispettato la legge Piantedosi, ma ha risposto partendo subito all’attacco del governo: “In particolare viene contestato ad Aurora che, dopo aver comunicato l’impossibilità di raggiungere il porto di Trapani, non si sia coordinata con le autorità tunisine per sbarcare nel paese nordafricano i naufraghi e di aver così messo in pericolo la sicurezza delle persone soccorse”. 

La Sea Watch ha sottolineato che in queste settimane in Tunisia “sono in atto veri e propri pogrom razzisti contro le persone migranti vengono perseguitati e deportazioni verso i confini desertici del Paese, dove non esiste un sistema di asilo e di accoglienza e dove i diritti umani fondamentali delle persone migranti non sono garantiti”. Poi l’attacco alle autorità italiane, accusate di aver dato “una motivazione semplicemente assurda che rende comprensibile a tutti quanto sia pretestuosa la politica di guerra alle Ong che il governo sta combattendo sulla pelle dei migranti”. 

“Sbarcare a Lampedusa - ha aggiunto long - era l’unica opzione possibile per Aurora viste le limitate risorse di carburante, cibo e acqua potabile della nave per raggiungere il porto di Trapani, inizialmente indicato dalle autorità italiane. Un porto apparentemente vicino ma irraggiungibile per l’Aurora con un tanto alto numero di persone a bordo. L’Italia ha assegnato a Aurora un porto (Trapani) che la nave non era in grado di raggiungere e ha poi utilizzato questo pretesto per detenerla. Questo crea inutili disagi in una situazione estremamente complessa nel Mediterraneo, che si dovrebbe gestire nel nome della cooperazione, invece che della facilitazione dei respingimenti illegali”. 

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