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Misteri d'Italia? No, si devono chiamare "segreti" (e devono essere svelati)

Gianluca Mazzini
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Portella delle Ginestre, Enrico Mattei, Piazza Fontana, Brescia, Italicus, Ustica, Bologna, Rapido 904, Capaci, via D’Amelio, Georgofili. Episodi tristemente noti alle cronache e genericamente etichettati come “misteri d’Italia” ai quali vanno aggiunti tentativi di presunti colpi di Stato, strategie della tensione e opposti estremismi.

Bene ha fatto lo scrittore Carlo Lucarelli a stigmatizzare che i misteri attengono a una dimensione religiosa mentre qui ci troviamo semplicemente davanti a segreti nascosti in triplice copia in qualche cassetto.

Periodicamente sui giornali si “riapre qualche caso”. Esattamente come è successo con le recenti parole dell’ex premier Giuliano Amato che ha riproposto la tesi del missile francese come causa dell’abbattimento dell’aereo Itavia precipitato a Ustica nel 1980.

PAROLE CONTROVERSE
Qualche giorno prima delle estemporanee dichiarazioni di Amato, che ha chiesto a Macron di fare chiarezza, si era riaperto il caso della “strage di Bologna”. Un funzionario della Regione Lazio su Facebook ha asserito che tutti sono a conoscenza del fatto che i condannati Mambro, Fioravanti e Cavallini (ex terroristi NAR) siano innocenti. Polemiche al calor bianco e dimissioni del funzionario.

Sul doppio tema pochi giorni fa Repubblica (giornale che ha pubblicato le dichiarazioni di Amato) ha ospitato un intervento di Miguel Gotor, assessore alla cultura di Roma, storico e autore di svariati libri sui misteri italiani.

A proposito di Ustica Gotor scrive: «A partire dal febbraio del 1980 le relazioni italo libiche subirono un’incrinatura drammatica culminata con la strage del 2 agosto (...) è un dato di fatto che la bomba di Bologna esplose lo stesso giorno in cui il sottosegretario agli Esteri Giuseppe Zamberletti si trovava a Malta per firmare accordi italo-maltesi (politici, militari, energetici a favore dell’Eni) che rappresentavano un secondo schiaffo in faccia a Gheddafi dopo il fallito tentativo di ucciderlo a giugno». Ricostruzione lineare che però non contempla un particolare. Non fa riferimento alla “strage fascista”. Ma in questo caso (e clamorosamente) nessuna polemica e tantomeno richieste di dimissioni.

IL PARERE DELLO STORICO
Spiega lo storico Gianfranco Peroncini, in libreria ad ottobre con Sinistra sul caviale del tramonto (Edizioni Passaggio al Bosco): «Siamo abituati a leggere la storia d’Italia sull’asse est ovest condizionato dalla Guerra fredda e dalla presenza del più grande partito comunista dell’Occidente. Ma dobbiamo anche aggiungere le tensioni nord-sud che attraversano l’Italia posta come una portaerei al centro del Mediterraneo. Prima e dopo la Guerra Fredda.

La nostra nazione è sempre stata sottoposta a podestà forestieri che ne scandissero il percorso, in particolare una “sorvegliata speciale” della Gran Bretagna fin dal Risorgimento. Basti ricordare che lo sbarco dei Mille a Marsala è avvenuto sotto la vigile scorta delle cannoniere britanniche. Una svolta decisiva avvenne poi con la Prima guerra mondiale quando la Royal Navy sostituisce il carbone con la nafta per alimentare le caldaie della Marina di Sua Maestà. Una svolta epocale che avrebbe fatto del Nordafrica e del Medioriente una fonte di approvvigionamento irrinunciabile per Londra (ancora prima delle necessità dell’industria automobilistica). Così come irrinunciabili diventano i capisaldi del Mediterraneo come Malta e Suez. Obiettivi, curiosamente, mai attaccati dalle corazzate della nostra Marina militare nell’ultima guerra mondiale».

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